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28
Ott

Il periodo di prova nel Decreto Trasparenza

convegno di formazione congiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro presso la Fondazione Forense Bolognese

Il DLgs 104/2022 (c.d. “Decreto Trasparenza”) è in vigore dallo scorso 13/08/2022.

Gli Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna e i Consulenti del Lavoro di Bologna hanno promosso il 27 ottobre 2022 un convegno di formazione congiunto [locandina]; relatori:

Il collega Bertuccini si è occupato in particolare dell’art. 7, ove vengono dettati precetti che rivisitano la disciplina del patto di prova, ovvero il periodo destinato alla sperimentazione reciproca tra datore e lavoratore, durante il quale ciascuno dei due è libero di recedere senza giustificazione né preavviso.

Il decreto n. 104 ha anzitutto fissato il termine massimo di durata del periodo di prova in n. 6 mesi (salva l’inferiore durata eventualmente prevista dai CCNL). Si tratta di un limite che già era presente nel nostro ordinamento (art. 10 L. 604/66 e art. 4 RDL 1825/1924), ma solo per dirigenti e impiegati di prima fascia (mentre il limite era di n. 3 mesi per le figure diverse: Cass. 21874/2015 e Cass. 27535/2021). Oggi, il netto tenore della nuova norma ha parificato il limite nei sei mesi. Rimane invece possibile stabilire una durata della prova superiore rispetto a quella indicata nel CCNL applicato, laddove ciò corrisponda ad un interesse concreto del lavoratore o in caso di mansioni di particolare complessità (ad es. Cass.9789/2020; Cass. 8295/2000), purché entro il nuovo limite generale dei n. 6 mesi.

Si dispone, poi, che nel rapporto a termine il periodo di prova debba essere proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Si tratta della cristallizzazione di principi già acquisiti dalla giurisprudenza nostrana, e tuttavia la loro trasposizione in un netto precetto normativo lascia irrisolte (e anzi, le complica ulteriormente) le questioni su cui già si dibatteva: continua a mancare un criterio legale che guidi nello stabilire una congrua proporzionalità, criterio comunque inadeguato per i tempi determinati ‘brevissimi’.

Ancora, viene vietata la stipula di un secondo patto di prova per le medesime mansioni: anche questa norma riprende un principio pacifico, essendo ampiamente riconosciuta l’incompatibilità con la funzione sociale della prova, di una nuova sperimentazione in identiche mansioni. Tuttavia, la stessa giurisprudenza aveva riconosciuto la legittimità di un secondo periodo di prova per analoghe mansioni nei casi in cui ne emergesse in concreto l’effettiva esigenza, ad esempio, per l’ampio lasso di tempo trascorso dalla precedente esperienza (Cass. 8237/2015), ovvero al fine di sperimentare aspetti diversi della professionalità (Cass. 7984/2020; Cass. 28252/2018). Ora, il tono netto con cui la norma pone il divieto, occorrerà verificare se tale orientamento possa dirsi riconfermato.

L’intervento legislativo è dunque apparso eccessivamente brusco sul tema, addirittura frettoloso, aprendo in definitiva più interrogativi di quanti ne abbia chiariti, e saranno gli interpreti a dover armonizzare i nuovi precetti con il precedente tessuto normativo-lavoristico, tentando di non soccombervi.