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03
Feb

L’indebito previdenziale e le indebite erogazioni retributive pubbliche nella rilettura della Consulta dell’art. 2033  codice civile

Con sentenza interpretativa di rigetto n. 8 pubblicata lo scorso 27 gennaio 2023, la Corte Costituzionale ha affrontato il principio del legittimo affidamento nell’ambito dell’indebita erogazione di prestazioni previdenziali o retributive da parte della Pubblica Amministrazione.

Con tre distinte ordinanze di remissione riunite (due del Tribunale di Lecce, Sezione Lavoro ed una della Corte di Cassazione, sempre Sezione Lavoro) viene richiesto alla Consulta di valutare se l’art. 2033 cc contrasti, in relazione agli art.11 e 117 Cost, con l’art.1 del Protocollo Addizionale della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, posto a tutela dei beni delle persone fisiche, e con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ne ha fatto applicazione. 

I remittenti ritengono, infatti, che in virtù della norma e delle pronunce citate, sia vietato agli Enti previdenziali o alla Pubblica Amministrazione utilizzare l’art. 2033 cc per ripetere integralmente eventuali prestazioni previdenziali indebitamente erogate o voci retributive erroneamente liquidate ai propri dipendenti.

E’ noto, infatti, che la disposizione in esame imponga al percettore di un pagamento indebito di restituire integralmente quanto ricevuto per errore con il solo limite della misura degli interessi, che se in buona fede decorreranno dalla domanda ovvero, se in mala fede, dalla liquidazione.

A temperamento di questa ampia previsione ed anche a prevenire abusi da parte della P.A., la giurisprudenza di merito e di legittimità interna, così come quella eurounitaria, ha individuato, a tutela del percettore-persona fisica, il principio del legittimo affidamento secondo cui la fiducia ingenerata dalla natura del pagatore, il lungo lasso di tempo passato tra liquidazione e richiesta di restituzione, la natura del credito (previdenziale o retributivo) rendono la somma irripetibile o solo parzialmente ripetibile.

Nel dichiarare inammissibili le tre eccezioni di incostituzionalità la Consulta coglie l’occasione per evidenziare come, senza scomodare la normativa e la giurisprudenza eurounitaria, siano rinvenibili già nella legislazione speciale e codicistica interna norme che temperano l’effetto dirompente dell’utilizzo da parte della P.A. dell’art. 2033 cc, anche a distanza di molti anni, sui beni del percettore di buona fede.

Per quanto riguarda gli indebiti di prestazioni previdenziali, infatti, l’art. 52 (come interpretato autenticamente dall’art. 13 della L. 412/1991) e l’art. 55 della L. 88/1989, rispettivamente per INPS e INAIL,  ne fissano già, a determinate condizioni e salvo il dolo, l’irripetibilità senza imporre alcuna indagine sul legittimo affidamento del percettore.

Per quanto riguarda le retribuzioni dei dipendenti pubblici, invece, l’art. 2126 cc, che garantisce l’irripetibilità della retribuzione a prescindere dalla nullità o dell’annullamento del contratto di lavoro, costituisce, poi, un efficace presidio rispetto alle richieste di restituzione da parte del datore di lavoro pubblico.

Allo stesso modo, le clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, contenute negli art. 1175 cc e 1337 cc, possono sicuramente consentire di individuare anche nel ns. ordinamento le fondamenta del principio del legittimo affidamento.

Cos’ come riaffermato dalla Corte EDU, infatti, la fiducia nel corretto operato della PA è ingenerata nella persona fisica:

  • dalla natura pubblica dell’erogatore, che ne fa presupporre la competenza professionale, nonché il perseguimento dei soli interessi generali;
  • dalla natura delle prestazioni (retributive e previdenziali);
  • dal carattere ordinario e perdurante nel tempo dell’erogazione, così da convincere il percettore di buona fede di avere diritto a quella prestazione.

Dall’art.1175 cc discende, in particolare, la categoria dell’inesigibilità che non estingue l’obbligazione, ma impone al creditore di esercitare la sua pretesa tenendo in debita considerazione, in relazione alle circostanze del caso concreto, la sfera di interessi del debitore e funge da causa esimente  per il debitore ove la richiesta del creditore contrasti con valori preminenti e quindi possa sfociare in un abuso del diritto.

La sentenza in esame valorizza, a questi fini, le condizioni personali del percettore di buona fede quale il suo stato di salute ovvero le sue condizioni patrimoniali.

L’indagine sulla presenza, in concreto, di questi elementi é demandata al Giudice che potrà, anche ove non si rientri nelle discipline speciali sopra richiamate, escludere o contenere la pretesa restitutoria della Pubblica Amministrazione azionata ex art. 2033 cc, tenendo in debita considerazione la natura dell’indebito, il tempo trascorso e le condizioni personali del percettore e conseguentemente attivare rimedi in favore del debitore come l’inesigibilità temporanea oppure la rateazione dell’indebito.

In conclusione, alla luce di questa sentenza, ogni qualvolta si debba fronteggiare una richiesta di indebito proveniente da un Ente previdenziale o dalla Pubblica Amministrazione azionato in base all’art. 2033 cc e riguardante prestazioni previdenziali o retribuzione pubblica, sarà opportuno verificare non solo che si sia formato un legittimo affidamento sul diritto alla percezione, ma andranno anche indagate con attenzione le condizioni di salute e patrimoniali del percettore, opponendo, se del caso, alla P.A. l’inesigibilità totale o parziale del credito.

18
Gen

La negoziazione assistita

convegno di formazione congiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro

Il prossimo 30 giugno 2023 entrerà in vigore la “negoziazione assistita” nelle controversie di lavoro introdotta il 10 ottobre scorso dal DLgs 149/2022.

Gli Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna e i Consulenti del Lavoro di Bologna hanno promosso il 18 gennaio 2023 un convegno di formazione congiunto [locandina]; relatori:

Il dr. Millo ha passato in rassegna le forme di conciliazione stragiudiziale delle controversie di lavoro, con particolare attenzione a quelle che vedono un ruolo dell’amministrazione:

  • la conciliazione collegiale facoltativa avanti alla Commissione ex art. 533/73
  • la conciliazione obbligatoria preventiva (avanti allo stesso organismo) ex art. 7 L. 604/66 relativa ai licenziamenti economici in ambito di applicazione dell’art. 18 SL
  • l’offerta reale conciliativa, sempre avanti alla Commissione, in esenzione contributiva e fiscale, relativa ai licenziamenti nei rapporti a tutele crescenti, di cui all’art. 6 DLgs 23/2015
  • la conciliazione cosiddetta “monocratica” ex art. 11 DLgs 124/2004
  • il collegio di conciliazione e arbitrato sulle sanzioni disciplinari conservative, ex art. 7 Statuto dei Lavoratori

L’avv. Cicotti si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sulla portata del ruolo che l’art. 2 ter del DL 132/2014 (introdotto dall’art. 9 del DLgs 149/2022 atttribuisce ai Consulenti del Lavoro) che stabilisce che “Ciascuna parte e’ assistita da almeno un avvocato e puo’ essere anche assistita da un consulente del lavoro“.

L’avv. Cristiani si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sui profili procedurali dell’istituto.

Il dibattito tra i presenti e con i relatori, tra l’altro

  • ha visto emergere sensibilità diversificate in ordine al ruolo dell’ispettore nella conciliazione monocratica (se debba intendersi quale mero facilitatore e garante o vera e propria parte);
  • ha visto emergere valutazioni contrastanti in ordine al ruolo attribuito dalla norma al Consulente del lavoro (se cioè possa ritenersi titolato ad assistere autonomamente le parti nella negoziazione assistita o questa debba in ogni caso vedere il ruolo di almeno un avvocato);
  • ha visto formulare prognosi diversificate (ma comunque generalmente perplesse) in ordine alla pratica futura diffusione dell’istituto della negoziazione assistita (quale canale di raggiungimento di accordi conciliativi in sede protetta dotati della stabilità immediata ex art. 2113 cc): infatti sconta la ritualizzazione dell’istituto ordinario, civilistico (necessità di previa convenzione, delimitazione dell’oggetto) che lo fa apparire proceduralmente più oneroso dell’accesso ad altre sedi protette, in particolare per la mera ratifica di intese già raggiunte.

L’incontro costituisce attuazione a livello regionale dell’intesa raggiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro per lo sviluppo di iniziative formative congiunte, che tutti i presenti hanno auspicato abbia seguito in altri appuntamenti.

22
Nov

novembre, piovono bonus!

L’esenzione fiscale e contributiva per i benefit e i rimborsi bollette sale a € 3.000,00.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale telematica (nella notte di venerdì 18-11-2022 in tempo per la proroga del taglio delle accise, attuata con l’art. 2) è legge anche il Decreto “Aiuti quater” (DL 176/2022).

All’interno dell’art. 3 (“Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette” al decimo comma lett. b) viene ulteriormente alzata la soglia (già elevata a € 600 in agosto 2022 dall’ Aiuti bis, il DL 115/2022, con l’art. 12.1) entro la quale “limitatamente al periodo d’imposta 2022, in deroga a quanto previsto [dal TUIR], non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonche’ le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale“.

Ricordiamo che lo scenario tradizionale vede l’esenzione (contributiva e fiscale) solo dei “beni di modico valore” (cioè per un ammontare che non superi € 258,23 / Lire 500.000 all’anno: e’ stato derogato dalla normativa COVID che ha raddoppiato il tetto per il 2020 e 2021.

Nel corso del 2022 sono state introdotte “a raffica” ulteriori agevolazioni; le misure di quest’anno non sono motivate dall’emergenza sanitaria, ma dalla spinta inflattiva dei prezzi dell’energia per il conflitto russo/ucraino : la scelta del ricorso ai “bonus” viene motivata con l’obiettivo di non alimentare la spirale inflazionistica di cui in passato venivano incolpati i sistemi di adeguamento automatico delle retribuzioni (come la cosiddetta “scala mobile”).

Vediamo di capire meglio.

  • In luglio è stata riconosciuto il bonus di € 200 (previsto dal DL 50/22) per dipendenti con redditi fino a € 35.000.
  • Con lo stipendio di novembre, con la stessa modalità (riconoscimento automatico senza bisogno di domanda, da parte del datore di lavoro che conguaglia con i versamenti in F24) ma con soglia reddituale più bassa (stipendio di € 1.538/mese lordi, cioè praticamente 20.000 annui) sarà riconosciuto il bonus di € 150 del Aiuti ter (DL 144/2022 art. 18)

La norma prevede:

  • che l’importo spetti in misura fissa, anche per i dipendenti a tempo parziale;
  • che spetti anche a chi è assente senza retribuzione ma con contribuzione figurativa (CIG, maternità etc)
  • che spetti UNA SOLA VOLTA a chi ha più rapporti di lavoro e NON SPETTI (da parte del datore di lavoro) a chi lo riceverà già dall’INPS (in quanto titolare di pensione o assegno)

Il lavoratore non deve presentare una domanda, DEVE però presentare una dichiarazione (art. 18.1) in cui attesta che NON E’ titolare di trattamenti INPS; inoltre (siccome la circolare INPS, 116/2022, responsabilizza pro quota i datori di lavoro se un lavoratore riceve indebitamente più volte il bonus) questi potranno richiedere una dichiarazione in cui il lavoratore attesti che non ha altri rapporti di lavoro (o comunque che non richiederà il trattamento agli altri datori, se presenti).

  • Il Decreto “Ucraina bis” in marzo (DL 21/2022 art. 2) ha istituito il cosiddetto “bonus benzina”, cioè l’esenzione dal reddito per i “buoni benzina o analoghi titoli ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti per l’acquisto di carburanti, nel limite di euro 200 per lavoratore

Abbiamo quindi 5 interventi:

  • due bonus per i redditi medio bassi (a luglio e a novembre) e
  • tre interventi sulla soglia di esenzione dei benefit (che era tornata al livello tradizionale dopo la cessazione delle elevazioni nel biennio pandemico), soglia che è stata elevata per l’anno 2022
    • prima a 600 e
    • ora a 3.000 euro,
    • cui si aggiunge l’esenzione di 200 € per i buoni benzina.

L’utilizzo della medesima espressione(“bonus”) può indurre a confusione:

  • da un lato (con i due bonus di luglio e novembre per i redditi medio bassi) abbiamo erogazioni “dovute”, automatiche, a carico dell’erario;
  • dall’altro, non si tratta di somme dovute, ma di una incentivazione per i datori di lavoro che vogliano effettuare queste erogazioni: far coincidere il costo azienda con il netto spendibile da parte del dipendente.

Diversamente dall’esenzione fino a € 200,00 che è destinata solo ai buoni benzina, l’esenzione fino a € 3000.00 non riguarda soltanto i benefit (come il il welfare aziendale, cioè il salario in natura, buoni acquisto etc.), ma anche veri e propri trasferimenti di denaro, purchè giustificati come rimborso dei costi delle utenze domestiche (caro-bollette) del lavoratore.

Per quanto riguarda le utenze, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito (con la circolare 35/2002, finalmente emessa il 4 novembre con riferimento al DL 155/22), che il pagamento può riferirsi anche a utenze non intestate al dipendente, se abita stabilmente nell’alloggio.

Il datore di lavoro che intende riconoscere il rimborso ha diritto di richiedere la documentazione del costo (bolletta) nonchè una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà  dal lavoratore che attesti che per quei costi non vi sono altre richieste di rimborso verso altri datori di lavoro (da parte dello stesso lavoratore, se ha più rapporti, o da parte di altri famigliari conviventi, verso i rispettivi datori di lavoro).

La cospicua elevazione della soglia (da 258,23 a 600 e poi a 3.000) non consente soltanto il riconoscimento di benefit aggiuntivi (buoni spesa “natalizi” etc) ma di ridurre i costi di benefit in ipotesi già riconosciuti, alzandone la soglia di esenzione (si pensi al controvalore dell’autovettura concessa al dipendente in uso promiscuo, o all’alloggio aziendale): occorre però prestare attenzione, secondo l’Amministrazione finanziaria (punto 2.2. della circolare) il superamento della soglia (dei 3.000 euro) comporta la decadenza dal beneficio per l’intero (e non solo per l’eccedenza).

28
Ott

Il periodo di prova nel Decreto Trasparenza

convegno di formazione congiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro presso la Fondazione Forense Bolognese

Il DLgs 104/2022 (c.d. “Decreto Trasparenza”) è in vigore dallo scorso 13/08/2022.

Gli Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna e i Consulenti del Lavoro di Bologna hanno promosso il 27 ottobre 2022 un convegno di formazione congiunto [locandina]; relatori:

Il collega Bertuccini si è occupato in particolare dell’art. 7, ove vengono dettati precetti che rivisitano la disciplina del patto di prova, ovvero il periodo destinato alla sperimentazione reciproca tra datore e lavoratore, durante il quale ciascuno dei due è libero di recedere senza giustificazione né preavviso.

Il decreto n. 104 ha anzitutto fissato il termine massimo di durata del periodo di prova in n. 6 mesi (salva l’inferiore durata eventualmente prevista dai CCNL). Si tratta di un limite che già era presente nel nostro ordinamento (art. 10 L. 604/66 e art. 4 RDL 1825/1924), ma solo per dirigenti e impiegati di prima fascia (mentre il limite era di n. 3 mesi per le figure diverse: Cass. 21874/2015 e Cass. 27535/2021). Oggi, il netto tenore della nuova norma ha parificato il limite nei sei mesi. Rimane invece possibile stabilire una durata della prova superiore rispetto a quella indicata nel CCNL applicato, laddove ciò corrisponda ad un interesse concreto del lavoratore o in caso di mansioni di particolare complessità (ad es. Cass.9789/2020; Cass. 8295/2000), purché entro il nuovo limite generale dei n. 6 mesi.

Si dispone, poi, che nel rapporto a termine il periodo di prova debba essere proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. Si tratta della cristallizzazione di principi già acquisiti dalla giurisprudenza nostrana, e tuttavia la loro trasposizione in un netto precetto normativo lascia irrisolte (e anzi, le complica ulteriormente) le questioni su cui già si dibatteva: continua a mancare un criterio legale che guidi nello stabilire una congrua proporzionalità, criterio comunque inadeguato per i tempi determinati ‘brevissimi’.

Ancora, viene vietata la stipula di un secondo patto di prova per le medesime mansioni: anche questa norma riprende un principio pacifico, essendo ampiamente riconosciuta l’incompatibilità con la funzione sociale della prova, di una nuova sperimentazione in identiche mansioni. Tuttavia, la stessa giurisprudenza aveva riconosciuto la legittimità di un secondo periodo di prova per analoghe mansioni nei casi in cui ne emergesse in concreto l’effettiva esigenza, ad esempio, per l’ampio lasso di tempo trascorso dalla precedente esperienza (Cass. 8237/2015), ovvero al fine di sperimentare aspetti diversi della professionalità (Cass. 7984/2020; Cass. 28252/2018). Ora, il tono netto con cui la norma pone il divieto, occorrerà verificare se tale orientamento possa dirsi riconfermato.

L’intervento legislativo è dunque apparso eccessivamente brusco sul tema, addirittura frettoloso, aprendo in definitiva più interrogativi di quanti ne abbia chiariti, e saranno gli interpreti a dover armonizzare i nuovi precetti con il precedente tessuto normativo-lavoristico, tentando di non soccombervi.

06
Ott

l’avv. Bertuccini si unisce al nostro studio

Alessandro Bertuccini (classe ’76, avvocato dal 2009) si unisce al nostro studio.

Alessandro può vantare una ultradecennale esperienza professionale in ambito giuslavoristico.

Assieme al suo collaboratore, il collega Francesco Guzzo, darà un un significativo contributo alla ulteriore crescita dello Studio.

21
Apr

COVID e tutela INAIL: l’art. 42.2 DL 18/2020.

di Gianluca SIBANI

Alcune brevi riflessioni sulla peculiare tutela INAIL introdotta dall’art. 42, comma 2 del DL 18/2020 e su quanto previsto dalle istruzioni operative INAIL del 17.03.2020.

In estrema sintesi, il Legislatore ha previsto che qualora l’infezione da coronavirus venga contratta in occasione di lavoro, il medico certificatore deve considerarlo infortunio sul lavoro e trasmettere l’attestazione all’INAIL che assicura al malato la tutela assicurativa pubblica (con la conseguenza di garantire ogni tipo di indennizzo tra quelli previsti dal TU Infortuni). Le prestazioni a carico INAIL (in questo caso ritengo possa intendersi solo l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta di cui all’art. 68 del DPR 1124/1965) vengono riconosciute anche in caso di quarantena e di permanenza domiciliare fiduciaria, in quanto comportanti assenza dal lavoro. I relativi eventi infortunistici non potranno essere computati, infine, ai fini dell’andamento infortunistico e quindi del calcolo del premio.

Le istruzioni operative INAIL del 17.03.2020 prot. n. 3675 chiariscono che, in accordo con la giurisprudenza prevalente, il contagio, pur essendo nel sentire comune una malattia e quindi, a fini assicurativi, una tecnopatia, viene ricondotto alla causa violenta che é un elemento genetico dell’infortunio. In secondo luogo, é evidente che, anche se la norma di Legge non lo specifica, la stessa viene interpretata dall’Istituto come indirizzata precipuamente a medici, infermieri e personale sanitario che sia dipendente pubblico o privato e per cui il rischio da contagio covid-19 viene identificato come rischio ambientale specifico dell’attività lavorativa svolta o comunque come causa connessa alla stessa. Si afferma poi che per questa categoria di lavoratori il rischio di contagio si presume, anche ove non possa essere provato dal lavoratore, in considerazione delle mansioni svolte. La forza di tale presunzione, pare di intendere, va proporzionata al rischio epidemiologico del territorio in cui l’assicurato lavora.

In sintesi, la quarantena del medico ospedaliero lombardo che risulti positivo al c.d. “tampone” sarà trattata certamente come infortunio sul lavoro e non come malattia comune. Qualora residuino postumi permanenti o, nel caso peggiore, la morte, spetteranno quindi le prestazioni indennitarie dirette e ai superstiti. Di contro, precisano le disposizioni applicative INAIL, se il lo stesso medico viene posto in quarantena perché positivo risulta una dei suoi “contatti” extralavorativi (si parla di ragioni di sanità pubblica), egli non può assentarsi per infortunio, perché non c’é la prova (i.e. la presunzione, secondo quello che viene indicato prima nel testo) che abbia contratto l’infezione sul lavoro.

Sempre tenendo come faro medico-legale il dato epidemiologico, l’Istituto chiarisce che può essere indennizzata anche l’infezione contratta sul percorso casa-lavoro che deve essere trattata come infortunio in itinere. Infine, dalla configurabilità come infortunio del contagio discende l’obbligo di denuncia per il datore di lavoro con determinate semplificazioni volte a favorire l’infortunato.

Le finalità sono lodevoli: si tratta di garantire al personale sanitario, prima linea nella lotta al virus, la tutela assicurativa INAIL, che é di norma economicamente più vantaggiosa per il lavoratore, facendo rientrare il rischio pandemico tra i rischi specifici di tale attività nel particolare periodo storico che stiamo vivendo. Tuttavia, ritengo che la norma, per la sua formulazione non particolarmente felice, e le disposizioni applicative dell’INAIL potrebbero, in un futuro prossimo, creare problemi applicativi ed essere foriere di contenzioso assicurativo e risarcitorio.

E’ noto che, ai sensi del DPR 1124/1965 (che disciplina l’assicurazione INAIL), si può considerare infortunio sul lavoro quell’evento che si verifichi per causa violenta in occasione di lavoro. Fermo quest’ultimo elemento, si configura una malattia professionale, invece, se la causa è lenta, ossia se il contatto con l’agente nocivo è diluito nel tempo. Non interessa in questa sede soffermarsi sul concetto di causa violenta; basti sapere che, secondo la giurisprudenza, il contagio infettivo é ascrivibile, per la sua repentinità, a questa fattispecie.

E’ il concetto di occasione di lavoro, invece, che assume rilievo per questa analisi. La tutela assicurativa INAIL, infatti, opera se l’evento si verifica, oltre che sul posto di lavoro, nello svolgimento delle mansioni e dell’attività assegnata. Definisce specularmente l’occasione di lavoro il concetto di rischio: rischio generico (quello cui sono esposti tutti i soggetti e quindi la tutela assicurativa non opera) ovvero rischio specifico (in cui la tutela assicurativa opera, perché vi sono esposti solo determinati soggetti in ragione della loro attività lavorativa, delle macchine con cui sono a contatto o dell’ambiente lavorativo cui operano). Accanto a rischio specifico e rischio generico, la giurisprudenza ha delineato anche un terzo tipo di rischio: il rischio generico aggravato, ossia un rischio cui sono esposti tutti i soggetti, ma che risulta aggravato dall’attività lavorativa dell’assicurato e quindi meritevole di tutela INAIL. Il rischio generico aggravato è tipicamente rinvenibile nell’infortunio subito nel percorso casa-lavoro (c.d. infortunio in itinere): tutti soggiacciamo al rischio della circolazione stradale, ma se il sinistro si verifica sul normale percorso tra casa e lavoro diventa, pressoché automaticamente, meritevole di essere indennizzato dall’INAIL.

Date queste sintetiche premesse, è evidente che la norma in esame ove prevede che l’infezione da coronavirus debba essersi verificata in occasione di lavoro, delinea una fattispecie di rischio generico aggravato. Tutti, infatti, siamo esposti al rischio pandemico, ma alcune categorie di lavoratori sono più esposte di altri al contagio. Tra queste non solo gli operatori sanitari, ma anche gli operai delle manifatture di filiera e tutte le altre categorie che stanno assicurando i servizi essenziali nonostante la chiusura. Secondo quanto disposto dal decreto 18/2020, quindi, non solo il medico, ma anche la cassiera del supermercato che dovesse risultare positiva potranno assentarsi dal lavoro in infortunio se riusciranno a dimostrare di essersi infettati sul lavoro.

L’onere della prova, tuttavia, secondo le istruzioni operative INAIL in commento non pare essere il medesimo per le due categorie di lavoratori: per il primo, la disciplina applicativa dell’Istituto fissa, come detto, una presunzione di eziologia professionale la cui forza é direttamente proporzionale al dato epidemiologico territoriale; la seconda, viceversa, dovrà dimostrare integralmente, secondo gli ordinari criteri, che il contagio non è avvenuto al di fuori del posto di lavoro. Se questa prova è relativamente facile per chi ad esempio lavora in un’azienda in cui si sono individuati uno o più contagiati ed è stata chiusa per ragioni di sanità pubblica, diventa estremamente difficile per il personale che continua ad essere a contatto con il pubblico. A mio avviso, bisognerà dimostrare, infatti, che non erano stati forniti i necessari dispositivi di protezione individuale, che non venivano attuate le necessarie misure di distanziamento sociale o che non sono stati effettuati i necessari interventi di sanificazione. Avendo peraltro a delineare il perimetro dell’indagine solo il protocollo condiviso in materia di sicurezza sul lavoro del 14.03.2020 o le indicazioni dell’OMS.

Inoltre, la nota INAIL in commento attua quella che potrei definire (rubando un termine in uso in ambito di tecnopatie) una “tabellazione” del rischio da infortunio: il concetto di rischio ambientale, infatti, è tipico delle malattie professionali (si pensi ad esempio al rischio ambientale da esposizione ad amianto) e qui invece viene utilizzato per definire il rischio che vive attualmente il personale sanitario di alcune regioni ad alto tasso di contagi. Si trasforma quindi amministrativamente il rischio generico aggravato definito dal decreto legge in rischio specifico e questa interpretazione ritengo potrebbe non reggere alla prova dei Tribunali. Inoltre, andrà innegabilmente indagato anche il dato epidemiologico: in questo senso, a un medico lombardo potrebbe essere riconosciuto presuntivamente l’infortunio, mentre ad uno del Molise (ad oggi la regione italiana con il minor numero di contagi secondo i dati del Sole 24 Ore), potrebbe non essere riconosciuto.

E’ evidente, quindi, sotto il profilo squisitamente giuridico e con tutte le differenze del caso, la disparità di trattamento che emerge dalle istruzioni operative INAIL in favore di un’unica categoria di lavoratori (ai quali, ovviamente, va lo scontato ringraziamento in questo momento di grave emergenza sanitaria). Probabilmente l’INAIL, si ribadisce con intenti sicuramente meritori, si è spinto troppo in là, forzando la norma per consentire una più efficace tutela dei sanitari più esposti. E’ auspicabile, quindi, che al più presto vengano rilasciate istruzioni anche per il trattamento di tutti gli altri casi di infezioni da coronavirus.

Un’ultima considerazione. Anche per chi come me ha risicate nozioni scientifiche, acquisite più con l’esperienza e le letture di questi ultimi tempi di clausura forzata che con lo studio, appare un caso di scuola il contagio nel percorso casa-lavoro. Non si comprende quindi l’esigenza dell’Istituto di disciplinare amministrativamente anche questo aspetto. L’unica ipotesi che si può fare è che si sia pensato di tutelare il personale sanitario che utilizza i mezzi pubblici per recarsi al lavoro, ma anche qui, oltre agli scontati problemi di prova (chi ha contagiato chi e quando), non si comprende quale maggior tutela venga assicurata.

28
Lug

In difesa della democrazia sindacale: la vertenza Castelfrigo

 

 

Ha avuto una certa eco mediatica locale il rigetto, da parte del Giudice del Lavoro di Modena (Decreto cron. 2719 del 25-07-2018)  del ricorso ex art. 28 St. Lav. promosso dalla CGIL di categoria contro un’azienda del “distretto delle carni”, nel modenese (eco meno ampia di quella avuta all’inizio dell’anno dall’avvio della controversia, ma si era allora in periodo preelettorale).

Abbiamo difeso la CISL locale (tacciata di “sindacato di comodo” dall’o.s. ricorrente) con intervento autonomo nel procedimento: ci premeva non tanto respingere – chè appariva già da sè surreale – l’accusa di sindacato di comodo rivolto alla seconda organizzazione sindacale confederale del Paese, quanto stigmatizzare la  concezione della democrazia sindacale che sembrava muovere i ricorrenti: la democrazia vale solo quando la maggioranza ce l’ho io…

All’interno dell’azienda, qualche anno fa, stanchi delle posizioni massimaliste, i lavoratori allo scadere triennale della RSU (all’epoca a componenti CGIL) votarono compatti (80% degli aventi diritto) per i candidati CISL.

Rammarica che rappresentanti della prima confederazione sindacale del Paese, che si è sempre erta a difensore della democrazia sindacale e che ha sottoscritto con le altre confederazioni  un corposo accordo interconfederale (il cosiddetto “Testo Unico sulla rappresentanza” del gennaio 2014) per disciplinare minutamente le modalità di costituzione delle RSU e riconoscerle come unico attore negoziale a livello aziendale, qualifichi poi negli atti del procedimento e sulla stampa gli accordi sindacali stipulati dalla RSU regolarmente eletta come “accordi separati”, i firmatari come “sindacato di comodo” e i testi negoziali prodotti come “illegittimi”.

Sarà un gran giorno per le relazioni industriali nel nostro Paese quando tutti gli attori avranno acquisito che il consenso non è dato per grazia,  consuetudine storica o zolla geopolitica, ma va ogni giorno conquistato con la leale azione a tutela dei propri rappresentati.

08
Feb

Gianluca Sibani su 7Gold interviene a “AriaPulita – Pensioni. L’esperto risponde.”

L’avv. Gianluca Sibani intervistato sulle questioni previdenziali di attualità, ospite della rubrica “Pensioni. L’esperto risponde” nel programma mattutino “AriaPulita” trasmesso dall’emittente televisiva emiliana 7Gold: la tormentata vicenda giudiziaria della normativa  in materia di rivalutazione delle pensioni, le proposte di modifica della Legge Fornero, i quesiti degli ascoltatori. Andato in onda l’8-02-2017, è visibile QUI sul canale Youtube dell’emittente televisiva (durata 16’16”)

27
Gen

Procedimento disciplinare: malattia e audizione difensiva, un rapporto tormentato.

Nel procedimento disciplinare il lavoratore ha diritto, se lo richiede tempestivamente, all’audizione difensiva, che deve essere rinviata se il lavoratore in quel momento, per ragioni di salute, si trova nella impossibilità di parteciparvi. E’ onere del lavoratore documentare questa condizione con apposita  certificazione, non essendo sufficiente, per la diversità dei presupposti, l’ordinaria certificazione di malattia

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