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29
Mag

Le novità del Decreto Lavoro

Il 25 maggio, al convegno presso la Fondazione Forense Bolognese promosso con l’associazione degli Avvocati Giuslavoristi Italiani – Sezione dell’Emilia-Romagna, l’avv. Bertuccini è intervenuto illustrando le principali novità del DL 48/2023 in attesa della sua conversione in legge

  • CONTRATTI A TERMINE: con l’ennesimo intervento sul tormentato tema, il Legislatore ha dato ampia libertà alla contrattazione collettiva nazionale e di secondo livello (territoriale o aziendale) nel disciplinare i “casi” (non più le specifiche esigenze) in cui è possibile rinnovare o prorogare contratti di lavoro a termine oltre i dodici mesi. confermando nel resto il regime di acausalità per i rapporti di durata inferiore, anche se prorogati. In assenza di disciplina collettiva, sino al 30/4/2024 datore di lavoro e lavoratore potranno descrivere autonomamente le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva. Soprattutto in questa ipotesi si riproporranno le note difficoltà nella scrittura della causale. Altro interrogativo sollevato dalla novella è relativo alla possibilità per le disposizioni della contrattazione collettiva che già oggi disciplinano il tema delle causali, di essere utilizzate con il nuovo regime, e se in tal caso impediscano l’esercizio dell’autonomia privata. Rimane immutata la causale sostitutiva, che continua a consentire il ricorso alla contrattazione a termine oltre i dodici mesi.
  • IL NUOVO OBBLIGO DI NOMINA DEL MEDICO COMPETENTE: intervenendo sull’art. 18 comma 1 lett. a) del TULS, il Legislatore ha previsto una nuova fattispecie in cui è obbligatoria la nomina del MC da parte del datore di lavoro e dei dirigenti, che da oggi devono: “nominare il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi”. La norma estende notevolmente l’obbligo di nomina del MC, che da oggi sarà obbligatoria non solo ove la valutazione dei rischi rilevi la presenza di rischi tipizzati da fonti normative, ma in ogni caso in cui emergano comunque profili di rischio per la salute. È il caso di ricordare, peraltro, che la mancata doverosa nomina del MC è presidiata da una sanzione penale (art. 55 TULS) a carico di datore di lavoro e dirigenti. Ci si chiede se a fronte della novella, che ha reso ancor più incerti i confini dell’obbligo di nomina, non sia opportuna la nomina “preventiva” del MC ai fini della stessa elaborazione della valutazione dei rischi, adempimento sempre più complesso e delicato (come già autorevolmente dedotto da R. Guariniello, in D&P Lav., 21/23).
  • NUOVI OBBLIGHI PER IL MEDICO COMPETENTE: viene introdotto, all’art. 25 del TULS, l’obbligo per il MC, in occasione delle visite di assunzione, di richiedere al lavoratore la cartella sanitaria rilasciata dal precedente datore di lavoro del cui contenuto tiene conto “ai fini della formulazione del giudizio di idoneità”. Al momento non sono chiarite le conseguenze per il caso in cui il lavoratore non sia in grado di produrre la cartella sanitaria precedente, e in che termini ciò possa incidere sulla possibilità di rilasciare comunque il giudizio di idoneità. Ancora, in caso di “impedimento per gravi e motivate ragioni” il MC dovrà comunicare “per iscritto al datore di lavoro il nominativo di un sostituto che sia in possesso dei requisiti abilitanti. La norma, addossando l’onere di provvedere alla propria sostituzione al MC, vuole superare il problema pratico derivante dal fatto che sino ad oggi in tali evenienze era il datore il lavoro a dover provvedere alla ricerca e nomina di un MC in sostituzione, con le difficoltà del caso.
  • LE OPERE PROVVISIONALI: la modifica b) all’articolo 21, comma 1, lettera a) del TULS estende ad artigiani, imprese familiari, autonomi l’obbligo di adeguarsi al Titolo IV per le opere provvsionali (opere che sono di ausilio nella realizzazione dei lavori civili, che non faranno parte dell’opera finale, che hanno una durata temporale limitata e devono essere rimosse quando non più necessarie, ad es. ponteggi), ovvero di adottare le misure generali di prevenzione di cui all’art. 15 e di adottare le ulteriori misure specifiche previste per tali opere (piano di sicurezza, redazione di apposito fascicolo, notifica preliminare all’ASL…). La norma deriva da una emergenza statistica, vista la grave incidenza degli infortuni gravi per “caduta dall’alto” nei cantieri.
  • LA FORMAZIONE DEL DDL: è introdotto l’obbligo formativo e di addestramento a carico (ed a favore) del datore di lavoro ove questi faccia uso di attrezzature che richiedono conoscenze particolari (quali gru, carrelli elevatori con conducente a bordo, trattori agricoli e forestali, macchine movimento terra). L’obbligo ha immediata portata precettiva ed è presidiato da una sanzione penale
  • MODIFICHE AL DECRETO TRASPARENZA (D.VO N. 104/2022): sono stati semplificati gli oneri informativi in ordine ai principali aspetti del rapporto di lavoro (prova, retribuzione, formazione, ferie e congedi, orario di lavoro, preavviso, procedure in caso di licenziamento e dimissioni), che possono essere date mediante la sola indicazione della norma del CCNL o di legge che li disciplina. È stata inoltre limitata l’informativa sull’uso di sistemi decisionali o monitoraggio, che diviene obbligatoria solo ove i sistemi siano integralmente automatizzati ed è esclusa per i sistemi protetti da segreto industriale e commerciale.
18
Mag

Congedo parentale all’80% :  3 requisiti per usufruirne

L’INPS ha fornito le istruzioni  per la fruizione del congedo parentale recentemente riformato

Ha pubblicato il 16-05-2023 la Circolare n. 45/2023.

La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022 all’art. 1 comma 359) ha modificato il TU elevanto l’indennità di congedo parentale facoltativo dal 30% all’80% per 1 mese, da fruire entro il sesto anno di vita del figlio.

Sappiamo che genitori possono fruire al massimo di complessivi 10 mesi di congedo (che passano a 11 se il padre si astiene per un periodo – intero o frazionato –  di almeno 3 mesi).

I genitori debbono usufruirne entro i 12 anni di vita del figlio (o entro i 12 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento).

Su questo totale di 10 mesi (o 11) di congedo, 9 sono indennizzati e 1 (o 2) sono 9: 3 per ciascun genitore (non trasferibili all’altro genitore) e ulteriori 3 che spettano ad entrambi i genitori alternativamente tra loro.

La nuova norma non modifica la durata del congedo retribuito (che rimane di 9 mesi complessivi).

Eleva l’indennità all’80% (invece che al 30%) per 1 mese (dei 3 spettanti a ciascun genitore non trasferibili all’altro) a condizione che sia fruito entro i 6 anni di vita (o di ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore. 

Pertanto ad oggi i periodi di congedo sono indennizzati all’80% per 1 mese nel limite dei 6 anni di vita del minore (o entro i entro i 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o affidamento) e al 30% per 8 mesi, mentre i rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, a meno che il richiedente percepisca un reddito individuale inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico AGO.

La fruizione del congedo all’80% è ammessa:

  • solo per i lavoratori dipendenti;
  • solo per i congedi di maternità o paternità che terminano successivamente al 31 dicembre 2022;
  • solo fintantochè il bambino non compie i 6 anni (o fino al sesto anno dall’ingresso nella famiglia).

Il congedo può essere fruito in modalità oraria o giornaliera

La domanda di congedo parentale va presentata all’INPS con modalità telematica, attraverso i consueti canali, ossia tramite il portale INPS, tramite il Contact center o gli istituti di patronato.

13
Mag

Quando si paga il TFR?

Come è noto,il Trattamento di Fine Rapporto in teoria dovrebbe essere pagato “all’atto della risoluzione del rapporto”.

La prassi universale tollera che sia traslato al cedolino successivo a quello dell’ultima mensilità (contenente anche le terminative di fine rapporto a tassazione ordinaria: tredicesima, quattordicesima se dovuta, ferie, permessi).

Questo sul presupposto che l’indice FOI viene emesso dall’ISTAT tra il 12 e il 14 del mese successivo a quello di competenza:

Quindi non è possibile (quando il rappporto si risolve nella seconda metà del mese e quindi deve tenersi conto anche della rivalutazione monetaria dell’ultimo mese) effettuare in tempo utile (entro il 10/12 del mese successivo a quello di risoluzione) il calcolo esatto del TFR lordo.

Con più debole ragione tecnica (l’indennità sostitutiva di preavviso, pur non necessitando di alcunchè per essere immediatamente calcolata, è fiscalizzata a tassazione separata come il TFR e quindi “torna comodo” pagarla unitamente allo stesso, pur essendo – diversamente da questo – imponibile contributivo) anche il pagamento dell’ind. sost. preavv. viene liquidata con le competenze del mese successivo a quello di cessazione.

Questa prassi (salvo diversa previsione presente in alcuni contratti collettivi) è divenuta così universale che non suscita praticamente più reazioni:

viene adottata anche quando il rapporto viene concluso entro metà mese e quindi :

  • da un lato il differimento al mese successivo è privo di ragione tecnica, in quanto l’indice FOI da utilizzare per il calcolo della rivalutazione interna TFR è quello relativo al mese precedente a quello di conclusione del rapporto, emesso verso il 12 del mese di cessazione, e quindi ben disponibile per l’elaborazione del calcolo unitamente alle competenze dell’ultimo mese, ai primi del mese successivo;
  • dall’altro tra la cessazione del rapporto (se intervenuta poniamo il 5 di marzo ) e la data di pagamento del TFR (se effettuata, poniamo, con il cedolino di aprile e quindi il 10 di maggio) finiscono per intercorrere più di 2 mesi (65 gg): cosa che in tempi di deflazione post crisi Lehmann non comportava che centesimi di accessori per mora ma che oggi, con l’inflazione annua che si è riaccesa, si fa più significativa.
05
Mag

Il Decreto Lavoro da oggi è in vigore

Ritorna il causalone nei contratti a termine: il DL 48/2023 all’art. 24) supera le causali rigide introdotte dal Decreto Dignità.

Dopo i primi 12 mesi acausali e fino alla soglia dei 24 mesi  ne demanda l’individuazione alla contrattazione collettiva anche aziendale.

Per un anno dall’entrata in vigore (fino al 30-04-2024) consente comunque (in assenza di regolazione collettiva) il riferimento a “esigenze  di  natura  tecnica,  organizzativa   o produttiva individuate dalle parti”.

Prorogata anche per il 2023 (all’art. 40) l’innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit e rimborsi bollette introdotta a fine 2022, ma solo per il lavoratore con figli a carico

28
Apr

Videosorveglianza e strumenti di controllo a distanza; il punto dell’INL suil’utilizzo di sistemi dei geo localizzazione (GPS).

Con recente nota (n 2572/2023 del 14-04-2023) l’Ispettorato Nazionale del lavoro ha fornito indicazioni operative in ordine al rilascio di provvedimenti autorizzativi per l’installazione nei luoghi di lavoro di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori

Tali indicazioni fanno tesoro dell’esperienza maturata a seguito delle modifiche apportate alla previsione statutaria dal dlgs 23/2015 e tengono conto, attesa l’ormai incontestabile interconnessione in materia, degli orientamenti del Garante per la protezione dei dati personali.

Se infatti da un lato il comma 3 della previsione statutaria vincola l’utilizzo di dati (seppur legittimamente acquisiti ai sensi dei commi precedenti) al rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali; dall’altro, il rispetto delle garanzie di cui all’art. 4 costituisce imprescindibile condizione di liceità dei trattamenti (artt. 5, 6 e 88 GDPR 2016/676 e art. 114 Codice Privacy così come modificato dal d.lgs 101/2018).

Dal punto di vista generale l’Ispettorato è chiaro nel rimarcare, anche alla luce della disciplina vigente:

  • il divieto assoluto di controllo intenzionale a distanza da parte del datore di lavoro;
  • la conferma del ruolo prioritario dell’accordo collettivo con le rappresentanze aziendali e l’intervento solo eventuale e successivo della procedura autorizzatoria pubblica;
  • la natura collettiva del bene giuridico tutelato dalla disposizione statutaria e, quale corollario, l’insufficienza del consenso (seppure informato) dei lavoratori a supplire all’eventuale carenza di accordo o successivo provvedimento autorizzativo.

Specificamente, tra le varie tematiche affrontate, l’Ispettorato (dopo la nota circolare n 2/2016 del 7-11-2016) torna ad affrontare anche il tema dell’utilizzazione di sistemi di geo localizzazione (GPS), su mezzi e dispositivi utilizzati dai lavoratori.

Nel precedente intervento citato (circolare n. 2/2016) l’Ispettorato si era interessato della problematica relativa alla possibilità di considerare tali tecnologie quali “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” (e come tali, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 St. Lav., esclusi dalle condizioni e procedure di cui al comma 1).
La soluzione fornita dall’INL in tale provvedimento può essere come di seguito sintetizzata:

  • in linea di massima i sistemi di geolocalizzazione vanno considerati come elemento “aggiuntivo e ulteriore” rispetto agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa, e pertanto possono essere installati solo previo accordo sindacale o previa autorizzazione amministrativa;
  • solo nei casi in cui tali sistemi sono installati per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa, ovvero nei casi in cui l’installazione è richiesta da specifiche normativa (es. per trasporto di portavalori superiore ad € 1.500.000,00) questi assumono le caratteristiche di veri e propri strumenti di lavoro e il loro utilizzo può prescindere dalle condizioni di cui al comma 1.

Con la circolare di aprile 2023, preso atto della persistente attualità del tema (atteso il registrato sensibile incremento delle istanze di autorizzazione riferite a sistemi di geolocalizzazione) e riconosciuta l’indubbia rilevanza di tali sistemi a fini della sicurezza del lavoro, della tutela del patrimonio aziendale e della più efficiente organizzazione dell’attività produttiva, l’INL delimita, alla luce delle indicazioni fornite dal Garante, i principi e gli accorgimenti cardine da adottare in materia a tutela dei soggetti interessati (i lavoratori) al trattamento:

  • esclusione della possibilità di monitoraggio continuativo del dipendente (cfr. provvedimento n. 370/2011 Garante per la protezione dei dati personali);
  • possibilità di visualizzazione della posizione geografica solo da parte di soggetti autorizzati e limitatamente a quanto strettamente necessario rispetto alle finalità perseguite;
  • possibilità di garantire la disattivazione del dispositivo durante le pause e al di fuori dell’orario di lavoro;
  • pseudonimizzazione dei dati personali tramite l’utilizzo di dati non direttamente identificativi (cfr. provvedimento n. 247/2017 Garante per la protezione dei dati personali);
  • memorizzazione dei dati raccolti solo se necessario e con tempi di conservazione proporzionati rispetto alle finalità perseguite;
  • limitazione del trattamento ai dati strettamente necessari per il perseguimento delle finalità prestabilite attinenti alle esigenze organizzative e produttive, di sicurezza sul lavoro e di tutela del patrimonio aziendale ex art. 4 St.Lav.

Indici che seppure riportati quali precondizioni per la concessione dell’autorizzazione amministrativa, assumono indubbia valenza generale in quanto elaborati sulla base dei provvedimenti dell’Autorità Garante e quindi idonei ad orientare anche la stesura e il contenuto degli accordi con le rappresentanze sindacali aziendali.

26
Apr

GDPR e PMI: le linee guida  dell’EDPB

Il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB)  pubblica una nuova guida per aiutare le piccole e medie imprese a rispettare il GDPR.

La guida ha l’obiettivo di fornire informazioni pratiche alle PMI sulla conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali in formato accessibile e facilmente comprensibile.

Nella guida vengono trattati i principali aspetti del Regolamento: dalle nozioni di base sulla protezione dei dati, al rispetto dei diritti individuali degli interessati, alle regole di compliance, alle azioni da adottare in caso di violazioni dei dati (data breach) e altro ancora.

La guida è al momento disponibile solo in inglese ma sarà successivamente resa accessibile anche in altre lingue dell’UE

I contenuti sono riportati in maniera chiara e comprensibile anche grazie all’ausilio di video, diagrammi di flusso interattivi, test di autovalutazione, suggerimenti pratici e tanti altri strumenti e materiali per aiutare le piccole e  medie imprese a mettere in pratica la protezione dei dati.

Un esempio attinente all’incidenza del diritto alla protezione dei dati personali nell’ambito del rapporto di lavoro.

In tema di diritti degli interessati la guida porta il caso del dipendente licenziato che richiede all’ex datore di lavoro la cancellazione dei dati personali che lo riguardano dal database aziendale (esercitando il c.d. “diritto all’oblio” di cui all’art. 17 del Regolamento UE); l’impresa ha il dovere di opporsi a tale richiesta in relazione a quei documenti per cui la legge nazionale prescrive la conservazione per un determinato periodo di tempo (si pensi, quanto al nostro ordinamento, all’obbligo di conservazione del libro unico del lavoro).

Uno strumento che porta con sé l’auspicio di rendere più familiare, anche per le piccole medie imprese, la cultura e la cura del dato personale, scongiurando evitabili “corse ai ripari” a seguito di possibili accertamenti e sanzioni dell’Autorità Garante.

14
Apr

AVVOCATI GIUSLAVORISTI: gli avv. Sibani e Bertuccini rieletti nel Direttivo regionale

I nostri colleghi Gianluca Sibani e Alessandro Bertuccini sono stati confermati per un altro triennio componenti del Consiglio Direttivo della Sezione Emilia Romagna dell’AGI, l’associazione degli Avvocati Giuslavoristi Italiani, all’esito delle elezioni tenutesi il 12 e 13 aprile 2023.

L’associazione, cofondata a livello regionale  nel luglio 2002 dall’avv. Cristiani  si batte per la qualità della giustizia del lavoro, sostenendo la qualità specialistica e l’aggiornamento professionale dei propri membri.

03
Feb

L’indebito previdenziale e le indebite erogazioni retributive pubbliche nella rilettura della Consulta dell’art. 2033  codice civile

Con sentenza interpretativa di rigetto n. 8 pubblicata lo scorso 27 gennaio 2023, la Corte Costituzionale ha affrontato il principio del legittimo affidamento nell’ambito dell’indebita erogazione di prestazioni previdenziali o retributive da parte della Pubblica Amministrazione.

Con tre distinte ordinanze di remissione riunite (due del Tribunale di Lecce, Sezione Lavoro ed una della Corte di Cassazione, sempre Sezione Lavoro) viene richiesto alla Consulta di valutare se l’art. 2033 cc contrasti, in relazione agli art.11 e 117 Cost, con l’art.1 del Protocollo Addizionale della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, posto a tutela dei beni delle persone fisiche, e con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ne ha fatto applicazione. 

I remittenti ritengono, infatti, che in virtù della norma e delle pronunce citate, sia vietato agli Enti previdenziali o alla Pubblica Amministrazione utilizzare l’art. 2033 cc per ripetere integralmente eventuali prestazioni previdenziali indebitamente erogate o voci retributive erroneamente liquidate ai propri dipendenti.

E’ noto, infatti, che la disposizione in esame imponga al percettore di un pagamento indebito di restituire integralmente quanto ricevuto per errore con il solo limite della misura degli interessi, che se in buona fede decorreranno dalla domanda ovvero, se in mala fede, dalla liquidazione.

A temperamento di questa ampia previsione ed anche a prevenire abusi da parte della P.A., la giurisprudenza di merito e di legittimità interna, così come quella eurounitaria, ha individuato, a tutela del percettore-persona fisica, il principio del legittimo affidamento secondo cui la fiducia ingenerata dalla natura del pagatore, il lungo lasso di tempo passato tra liquidazione e richiesta di restituzione, la natura del credito (previdenziale o retributivo) rendono la somma irripetibile o solo parzialmente ripetibile.

Nel dichiarare inammissibili le tre eccezioni di incostituzionalità la Consulta coglie l’occasione per evidenziare come, senza scomodare la normativa e la giurisprudenza eurounitaria, siano rinvenibili già nella legislazione speciale e codicistica interna norme che temperano l’effetto dirompente dell’utilizzo da parte della P.A. dell’art. 2033 cc, anche a distanza di molti anni, sui beni del percettore di buona fede.

Per quanto riguarda gli indebiti di prestazioni previdenziali, infatti, l’art. 52 (come interpretato autenticamente dall’art. 13 della L. 412/1991) e l’art. 55 della L. 88/1989, rispettivamente per INPS e INAIL,  ne fissano già, a determinate condizioni e salvo il dolo, l’irripetibilità senza imporre alcuna indagine sul legittimo affidamento del percettore.

Per quanto riguarda le retribuzioni dei dipendenti pubblici, invece, l’art. 2126 cc, che garantisce l’irripetibilità della retribuzione a prescindere dalla nullità o dell’annullamento del contratto di lavoro, costituisce, poi, un efficace presidio rispetto alle richieste di restituzione da parte del datore di lavoro pubblico.

Allo stesso modo, le clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, contenute negli art. 1175 cc e 1337 cc, possono sicuramente consentire di individuare anche nel ns. ordinamento le fondamenta del principio del legittimo affidamento.

Cos’ come riaffermato dalla Corte EDU, infatti, la fiducia nel corretto operato della PA è ingenerata nella persona fisica:

  • dalla natura pubblica dell’erogatore, che ne fa presupporre la competenza professionale, nonché il perseguimento dei soli interessi generali;
  • dalla natura delle prestazioni (retributive e previdenziali);
  • dal carattere ordinario e perdurante nel tempo dell’erogazione, così da convincere il percettore di buona fede di avere diritto a quella prestazione.

Dall’art.1175 cc discende, in particolare, la categoria dell’inesigibilità che non estingue l’obbligazione, ma impone al creditore di esercitare la sua pretesa tenendo in debita considerazione, in relazione alle circostanze del caso concreto, la sfera di interessi del debitore e funge da causa esimente  per il debitore ove la richiesta del creditore contrasti con valori preminenti e quindi possa sfociare in un abuso del diritto.

La sentenza in esame valorizza, a questi fini, le condizioni personali del percettore di buona fede quale il suo stato di salute ovvero le sue condizioni patrimoniali.

L’indagine sulla presenza, in concreto, di questi elementi é demandata al Giudice che potrà, anche ove non si rientri nelle discipline speciali sopra richiamate, escludere o contenere la pretesa restitutoria della Pubblica Amministrazione azionata ex art. 2033 cc, tenendo in debita considerazione la natura dell’indebito, il tempo trascorso e le condizioni personali del percettore e conseguentemente attivare rimedi in favore del debitore come l’inesigibilità temporanea oppure la rateazione dell’indebito.

In conclusione, alla luce di questa sentenza, ogni qualvolta si debba fronteggiare una richiesta di indebito proveniente da un Ente previdenziale o dalla Pubblica Amministrazione azionato in base all’art. 2033 cc e riguardante prestazioni previdenziali o retribuzione pubblica, sarà opportuno verificare non solo che si sia formato un legittimo affidamento sul diritto alla percezione, ma andranno anche indagate con attenzione le condizioni di salute e patrimoniali del percettore, opponendo, se del caso, alla P.A. l’inesigibilità totale o parziale del credito.

18
Gen

La negoziazione assistita

convegno di formazione congiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro

Il prossimo 30 giugno 2023 entrerà in vigore la “negoziazione assistita” nelle controversie di lavoro introdotta il 10 ottobre scorso dal DLgs 149/2022.

Gli Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna e i Consulenti del Lavoro di Bologna hanno promosso il 18 gennaio 2023 un convegno di formazione congiunto [locandina]; relatori:

Il dr. Millo ha passato in rassegna le forme di conciliazione stragiudiziale delle controversie di lavoro, con particolare attenzione a quelle che vedono un ruolo dell’amministrazione:

  • la conciliazione collegiale facoltativa avanti alla Commissione ex art. 533/73
  • la conciliazione obbligatoria preventiva (avanti allo stesso organismo) ex art. 7 L. 604/66 relativa ai licenziamenti economici in ambito di applicazione dell’art. 18 SL
  • l’offerta reale conciliativa, sempre avanti alla Commissione, in esenzione contributiva e fiscale, relativa ai licenziamenti nei rapporti a tutele crescenti, di cui all’art. 6 DLgs 23/2015
  • la conciliazione cosiddetta “monocratica” ex art. 11 DLgs 124/2004
  • il collegio di conciliazione e arbitrato sulle sanzioni disciplinari conservative, ex art. 7 Statuto dei Lavoratori

L’avv. Cicotti si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sulla portata del ruolo che l’art. 2 ter del DL 132/2014 (introdotto dall’art. 9 del DLgs 149/2022 atttribuisce ai Consulenti del Lavoro) che stabilisce che “Ciascuna parte e’ assistita da almeno un avvocato e puo’ essere anche assistita da un consulente del lavoro“.

L’avv. Cristiani si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sui profili procedurali dell’istituto.

Il dibattito tra i presenti e con i relatori, tra l’altro

  • ha visto emergere sensibilità diversificate in ordine al ruolo dell’ispettore nella conciliazione monocratica (se debba intendersi quale mero facilitatore e garante o vera e propria parte);
  • ha visto emergere valutazioni contrastanti in ordine al ruolo attribuito dalla norma al Consulente del lavoro (se cioè possa ritenersi titolato ad assistere autonomamente le parti nella negoziazione assistita o questa debba in ogni caso vedere il ruolo di almeno un avvocato);
  • ha visto formulare prognosi diversificate (ma comunque generalmente perplesse) in ordine alla pratica futura diffusione dell’istituto della negoziazione assistita (quale canale di raggiungimento di accordi conciliativi in sede protetta dotati della stabilità immediata ex art. 2113 cc): infatti sconta la ritualizzazione dell’istituto ordinario, civilistico (necessità di previa convenzione, delimitazione dell’oggetto) che lo fa apparire proceduralmente più oneroso dell’accesso ad altre sedi protette, in particolare per la mera ratifica di intese già raggiunte.

L’incontro costituisce attuazione a livello regionale dell’intesa raggiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro per lo sviluppo di iniziative formative congiunte, che tutti i presenti hanno auspicato abbia seguito in altri appuntamenti.

22
Nov

novembre, piovono bonus!

L’esenzione fiscale e contributiva per i benefit e i rimborsi bollette sale a € 3.000,00.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale telematica (nella notte di venerdì 18-11-2022 in tempo per la proroga del taglio delle accise, attuata con l’art. 2) è legge anche il Decreto “Aiuti quater” (DL 176/2022).

All’interno dell’art. 3 (“Misure di sostegno per fronteggiare il caro bollette” al decimo comma lett. b) viene ulteriormente alzata la soglia (già elevata a € 600 in agosto 2022 dall’ Aiuti bis, il DL 115/2022, con l’art. 12.1) entro la quale “limitatamente al periodo d’imposta 2022, in deroga a quanto previsto [dal TUIR], non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonche’ le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale“.

Ricordiamo che lo scenario tradizionale vede l’esenzione (contributiva e fiscale) solo dei “beni di modico valore” (cioè per un ammontare che non superi € 258,23 / Lire 500.000 all’anno: e’ stato derogato dalla normativa COVID che ha raddoppiato il tetto per il 2020 e 2021.

Nel corso del 2022 sono state introdotte “a raffica” ulteriori agevolazioni; le misure di quest’anno non sono motivate dall’emergenza sanitaria, ma dalla spinta inflattiva dei prezzi dell’energia per il conflitto russo/ucraino : la scelta del ricorso ai “bonus” viene motivata con l’obiettivo di non alimentare la spirale inflazionistica di cui in passato venivano incolpati i sistemi di adeguamento automatico delle retribuzioni (come la cosiddetta “scala mobile”).

Vediamo di capire meglio.

  • In luglio è stata riconosciuto il bonus di € 200 (previsto dal DL 50/22) per dipendenti con redditi fino a € 35.000.
  • Con lo stipendio di novembre, con la stessa modalità (riconoscimento automatico senza bisogno di domanda, da parte del datore di lavoro che conguaglia con i versamenti in F24) ma con soglia reddituale più bassa (stipendio di € 1.538/mese lordi, cioè praticamente 20.000 annui) sarà riconosciuto il bonus di € 150 del Aiuti ter (DL 144/2022 art. 18)

La norma prevede:

  • che l’importo spetti in misura fissa, anche per i dipendenti a tempo parziale;
  • che spetti anche a chi è assente senza retribuzione ma con contribuzione figurativa (CIG, maternità etc)
  • che spetti UNA SOLA VOLTA a chi ha più rapporti di lavoro e NON SPETTI (da parte del datore di lavoro) a chi lo riceverà già dall’INPS (in quanto titolare di pensione o assegno)

Il lavoratore non deve presentare una domanda, DEVE però presentare una dichiarazione (art. 18.1) in cui attesta che NON E’ titolare di trattamenti INPS; inoltre (siccome la circolare INPS, 116/2022, responsabilizza pro quota i datori di lavoro se un lavoratore riceve indebitamente più volte il bonus) questi potranno richiedere una dichiarazione in cui il lavoratore attesti che non ha altri rapporti di lavoro (o comunque che non richiederà il trattamento agli altri datori, se presenti).

  • Il Decreto “Ucraina bis” in marzo (DL 21/2022 art. 2) ha istituito il cosiddetto “bonus benzina”, cioè l’esenzione dal reddito per i “buoni benzina o analoghi titoli ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti per l’acquisto di carburanti, nel limite di euro 200 per lavoratore

Abbiamo quindi 5 interventi:

  • due bonus per i redditi medio bassi (a luglio e a novembre) e
  • tre interventi sulla soglia di esenzione dei benefit (che era tornata al livello tradizionale dopo la cessazione delle elevazioni nel biennio pandemico), soglia che è stata elevata per l’anno 2022
    • prima a 600 e
    • ora a 3.000 euro,
    • cui si aggiunge l’esenzione di 200 € per i buoni benzina.

L’utilizzo della medesima espressione(“bonus”) può indurre a confusione:

  • da un lato (con i due bonus di luglio e novembre per i redditi medio bassi) abbiamo erogazioni “dovute”, automatiche, a carico dell’erario;
  • dall’altro, non si tratta di somme dovute, ma di una incentivazione per i datori di lavoro che vogliano effettuare queste erogazioni: far coincidere il costo azienda con il netto spendibile da parte del dipendente.

Diversamente dall’esenzione fino a € 200,00 che è destinata solo ai buoni benzina, l’esenzione fino a € 3000.00 non riguarda soltanto i benefit (come il il welfare aziendale, cioè il salario in natura, buoni acquisto etc.), ma anche veri e propri trasferimenti di denaro, purchè giustificati come rimborso dei costi delle utenze domestiche (caro-bollette) del lavoratore.

Per quanto riguarda le utenze, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito (con la circolare 35/2002, finalmente emessa il 4 novembre con riferimento al DL 155/22), che il pagamento può riferirsi anche a utenze non intestate al dipendente, se abita stabilmente nell’alloggio.

Il datore di lavoro che intende riconoscere il rimborso ha diritto di richiedere la documentazione del costo (bolletta) nonchè una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà  dal lavoratore che attesti che per quei costi non vi sono altre richieste di rimborso verso altri datori di lavoro (da parte dello stesso lavoratore, se ha più rapporti, o da parte di altri famigliari conviventi, verso i rispettivi datori di lavoro).

La cospicua elevazione della soglia (da 258,23 a 600 e poi a 3.000) non consente soltanto il riconoscimento di benefit aggiuntivi (buoni spesa “natalizi” etc) ma di ridurre i costi di benefit in ipotesi già riconosciuti, alzandone la soglia di esenzione (si pensi al controvalore dell’autovettura concessa al dipendente in uso promiscuo, o all’alloggio aziendale): occorre però prestare attenzione, secondo l’Amministrazione finanziaria (punto 2.2. della circolare) il superamento della soglia (dei 3.000 euro) comporta la decadenza dal beneficio per l’intero (e non solo per l’eccedenza).