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17
Set

Martina Linguerri nominata Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Bologna

L’avvocata Martina Linguerri, nostra collega e professionista del nostro studio legale, è stata nominata Consigliera di Parità della Città Metropolitana di Bologna con Decreto del Ministero del Lavoro del 3 settembre 2024.

Martina, classe 1988, è tra le più giovani a ricoprire un incarico di così grande responsabilità. La Consigliera di Parità è un organismo chiave nella promozione e tutela delle pari opportunità tra uomini e donne nel contesto lavorativo. Tra i suoi poteri spiccano quelli di iniziativa giudiziaria, potendo agire in prima persona o affiancare lavoratrici e lavoratori vittime di discriminazioni di genere. Inoltre, ha il compito di monitorare il rispetto delle norme antidiscriminatorie, promuovere politiche attive per l’uguaglianza e sensibilizzare le istituzioni e le imprese del territorio.

Martina con la sua energia e competenza saprà certamente portare un contributo importante in un ruolo così delicato e strategico per la promozione di una vera parità di genere nel mondo del lavoro.

26
Giu

Il diritto all’integrità della posizione contributiva: Cass. 117730/2024

Commento di Gianluca Sibani, socio di DelLavoro avvocati, su “Modulo24 Contenzioso Lavoro”, il portale del Sole 24 Ore per il contenzioso del lavoro e previdenziale in Italia.

Titolo dell’articolo:
“Il diritto all’integrità della posizione contributiva quale diritto soggettivo del lavoratore. Nota a Cassazione, Sez. Lavoro, ordinanza 2 maggio 2024, n. 11730.”

Abstract:
L’articolo affronta la tematica del diritto del lavoratore al regolare versamento dei contributi previdenziali da parte del datore di lavoro. In caso di inadempimento, il lavoratore può agire in giudizio per tutelare tale diritto senza dover dimostrare un pregiudizio concreto alle prestazioni previdenziali e senza la necessità di integrare il contraddittorio con l’INPS.

Contenuti principali:
L’avvocato Sibani analizza la recente ordinanza della Cassazione (Sez. Lavoro, n. 11730/2024), che ha sancito il diritto soggettivo del lavoratore all’integrità della propria posizione contributiva. La Corte ha ribadito che il lavoratore può sempre agire contro il datore di lavoro per l’accertamento della regolarità contributiva, indipendentemente dal pregiudizio attuale sulle prestazioni previdenziali. Questo diritto fondamentale deriva dal principio di automaticità delle prestazioni previsto dall’art. 2116 del Codice Civile e dall’art. 38 della Costituzione.

Collaborazione con “Modulo24 Contenzioso Lavoro”:
La pubblicazione di questo contributo rientra nella collaborazione strutturata tra “Modulo24 Contenzioso Lavoro” e AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani, l’associazione forense specialistica riconosciuta dal Consiglio Nazionale Forense. AGI aggrega gli avvocati specialisti in diritto del lavoro, previdenziale e sindacale, L’avvocato Sibani ne è consigliere nazionale.

Per ulteriori dettagli, consultare l’articolo completo su “Modulo24 Contenzioso Lavoro”.

23
Ott

“La riforma del lavoro sportivo”

Se ne parla il 25-10-2023 presso la Fondazione Forense Bolognese in un seminario della Sezione locale di AGI – Avvocati Giuslavoristi Italiani. Preside e modera l’avv. Gianluca SIBANI.

Relatori il Prof. Avv. Carlo ZOLI, Ordinario di Diritto del Lavoro nell’Università di Bologna, la Dott. Stefania MATTEUZZI dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Bologna e l’avv. Bruno LAUDI, di AGI Emilia-Romagna [locandina]

La riforma, entrata in vigore il 1 luglio 2023, supera la risalente bipartizione tra professionisti e dilettanti rimessa alle singole Federazioni sportive e perviene ad una definizione unitaria del lavoro sportivo assicurando la parità di genere.

26
Giu
26
Giu

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13
Mag

Quando si paga il TFR?

Come è noto,il Trattamento di Fine Rapporto in teoria dovrebbe essere pagato “all’atto della risoluzione del rapporto”.

La prassi universale tollera che sia traslato al cedolino successivo a quello dell’ultima mensilità (contenente anche le terminative di fine rapporto a tassazione ordinaria: tredicesima, quattordicesima se dovuta, ferie, permessi).

Questo sul presupposto che l’indice FOI viene emesso dall’ISTAT tra il 12 e il 14 del mese successivo a quello di competenza:

Quindi non è possibile (quando il rappporto si risolve nella seconda metà del mese e quindi deve tenersi conto anche della rivalutazione monetaria dell’ultimo mese) effettuare in tempo utile (entro il 10/12 del mese successivo a quello di risoluzione) il calcolo esatto del TFR lordo.

Con più debole ragione tecnica (l’indennità sostitutiva di preavviso, pur non necessitando di alcunchè per essere immediatamente calcolata, è fiscalizzata a tassazione separata come il TFR e quindi “torna comodo” pagarla unitamente allo stesso, pur essendo – diversamente da questo – imponibile contributivo) anche il pagamento dell’ind. sost. preavv. viene liquidata con le competenze del mese successivo a quello di cessazione.

Questa prassi (salvo diversa previsione presente in alcuni contratti collettivi) è divenuta così universale che non suscita praticamente più reazioni:

viene adottata anche quando il rapporto viene concluso entro metà mese e quindi :

  • da un lato il differimento al mese successivo è privo di ragione tecnica, in quanto l’indice FOI da utilizzare per il calcolo della rivalutazione interna TFR è quello relativo al mese precedente a quello di conclusione del rapporto, emesso verso il 12 del mese di cessazione, e quindi ben disponibile per l’elaborazione del calcolo unitamente alle competenze dell’ultimo mese, ai primi del mese successivo;
  • dall’altro tra la cessazione del rapporto (se intervenuta poniamo il 5 di marzo ) e la data di pagamento del TFR (se effettuata, poniamo, con il cedolino di aprile e quindi il 10 di maggio) finiscono per intercorrere più di 2 mesi (65 gg): cosa che in tempi di deflazione post crisi Lehmann non comportava che centesimi di accessori per mora ma che oggi, con l’inflazione annua che si è riaccesa, si fa più significativa.
14
Apr

AVVOCATI GIUSLAVORISTI: gli avv. Sibani e Bertuccini rieletti nel Direttivo regionale

I nostri colleghi Gianluca Sibani e Alessandro Bertuccini sono stati confermati per un altro triennio componenti del Consiglio Direttivo della Sezione Emilia Romagna dell’AGI, l’associazione degli Avvocati Giuslavoristi Italiani, all’esito delle elezioni tenutesi il 12 e 13 aprile 2023.

L’associazione, cofondata a livello regionale  nel luglio 2002 dall’avv. Cristiani  si batte per la qualità della giustizia del lavoro, sostenendo la qualità specialistica e l’aggiornamento professionale dei propri membri.

18
Gen

La negoziazione assistita

convegno di formazione congiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro

Il prossimo 30 giugno 2023 entrerà in vigore la “negoziazione assistita” nelle controversie di lavoro introdotta il 10 ottobre scorso dal DLgs 149/2022.

Gli Avvocati Giuslavoristi dell’Emilia Romagna e i Consulenti del Lavoro di Bologna hanno promosso il 18 gennaio 2023 un convegno di formazione congiunto [locandina]; relatori:

Il dr. Millo ha passato in rassegna le forme di conciliazione stragiudiziale delle controversie di lavoro, con particolare attenzione a quelle che vedono un ruolo dell’amministrazione:

  • la conciliazione collegiale facoltativa avanti alla Commissione ex art. 533/73
  • la conciliazione obbligatoria preventiva (avanti allo stesso organismo) ex art. 7 L. 604/66 relativa ai licenziamenti economici in ambito di applicazione dell’art. 18 SL
  • l’offerta reale conciliativa, sempre avanti alla Commissione, in esenzione contributiva e fiscale, relativa ai licenziamenti nei rapporti a tutele crescenti, di cui all’art. 6 DLgs 23/2015
  • la conciliazione cosiddetta “monocratica” ex art. 11 DLgs 124/2004
  • il collegio di conciliazione e arbitrato sulle sanzioni disciplinari conservative, ex art. 7 Statuto dei Lavoratori

L’avv. Cicotti si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sulla portata del ruolo che l’art. 2 ter del DL 132/2014 (introdotto dall’art. 9 del DLgs 149/2022 atttribuisce ai Consulenti del Lavoro) che stabilisce che “Ciascuna parte e’ assistita da almeno un avvocato e puo’ essere anche assistita da un consulente del lavoro“.

L’avv. Cristiani si è trattenuto sulla negoziazione assistita, soffermandosi in particolare sui profili procedurali dell’istituto.

Il dibattito tra i presenti e con i relatori, tra l’altro

  • ha visto emergere sensibilità diversificate in ordine al ruolo dell’ispettore nella conciliazione monocratica (se debba intendersi quale mero facilitatore e garante o vera e propria parte);
  • ha visto emergere valutazioni contrastanti in ordine al ruolo attribuito dalla norma al Consulente del lavoro (se cioè possa ritenersi titolato ad assistere autonomamente le parti nella negoziazione assistita o questa debba in ogni caso vedere il ruolo di almeno un avvocato);
  • ha visto formulare prognosi diversificate (ma comunque generalmente perplesse) in ordine alla pratica futura diffusione dell’istituto della negoziazione assistita (quale canale di raggiungimento di accordi conciliativi in sede protetta dotati della stabilità immediata ex art. 2113 cc): infatti sconta la ritualizzazione dell’istituto ordinario, civilistico (necessità di previa convenzione, delimitazione dell’oggetto) che lo fa apparire proceduralmente più oneroso dell’accesso ad altre sedi protette, in particolare per la mera ratifica di intese già raggiunte.

L’incontro costituisce attuazione a livello regionale dell’intesa raggiunta tra AGI e Consulenti del Lavoro per lo sviluppo di iniziative formative congiunte, che tutti i presenti hanno auspicato abbia seguito in altri appuntamenti.

21
Apr

COVID e tutela INAIL: l’art. 42.2 DL 18/2020.

di Gianluca SIBANI

Alcune brevi riflessioni sulla peculiare tutela INAIL introdotta dall’art. 42, comma 2 del DL 18/2020 e su quanto previsto dalle istruzioni operative INAIL del 17.03.2020.

In estrema sintesi, il Legislatore ha previsto che qualora l’infezione da coronavirus venga contratta in occasione di lavoro, il medico certificatore deve considerarlo infortunio sul lavoro e trasmettere l’attestazione all’INAIL che assicura al malato la tutela assicurativa pubblica (con la conseguenza di garantire ogni tipo di indennizzo tra quelli previsti dal TU Infortuni). Le prestazioni a carico INAIL (in questo caso ritengo possa intendersi solo l’indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta di cui all’art. 68 del DPR 1124/1965) vengono riconosciute anche in caso di quarantena e di permanenza domiciliare fiduciaria, in quanto comportanti assenza dal lavoro. I relativi eventi infortunistici non potranno essere computati, infine, ai fini dell’andamento infortunistico e quindi del calcolo del premio.

Le istruzioni operative INAIL del 17.03.2020 prot. n. 3675 chiariscono che, in accordo con la giurisprudenza prevalente, il contagio, pur essendo nel sentire comune una malattia e quindi, a fini assicurativi, una tecnopatia, viene ricondotto alla causa violenta che é un elemento genetico dell’infortunio. In secondo luogo, é evidente che, anche se la norma di Legge non lo specifica, la stessa viene interpretata dall’Istituto come indirizzata precipuamente a medici, infermieri e personale sanitario che sia dipendente pubblico o privato e per cui il rischio da contagio covid-19 viene identificato come rischio ambientale specifico dell’attività lavorativa svolta o comunque come causa connessa alla stessa. Si afferma poi che per questa categoria di lavoratori il rischio di contagio si presume, anche ove non possa essere provato dal lavoratore, in considerazione delle mansioni svolte. La forza di tale presunzione, pare di intendere, va proporzionata al rischio epidemiologico del territorio in cui l’assicurato lavora.

In sintesi, la quarantena del medico ospedaliero lombardo che risulti positivo al c.d. “tampone” sarà trattata certamente come infortunio sul lavoro e non come malattia comune. Qualora residuino postumi permanenti o, nel caso peggiore, la morte, spetteranno quindi le prestazioni indennitarie dirette e ai superstiti. Di contro, precisano le disposizioni applicative INAIL, se il lo stesso medico viene posto in quarantena perché positivo risulta una dei suoi “contatti” extralavorativi (si parla di ragioni di sanità pubblica), egli non può assentarsi per infortunio, perché non c’é la prova (i.e. la presunzione, secondo quello che viene indicato prima nel testo) che abbia contratto l’infezione sul lavoro.

Sempre tenendo come faro medico-legale il dato epidemiologico, l’Istituto chiarisce che può essere indennizzata anche l’infezione contratta sul percorso casa-lavoro che deve essere trattata come infortunio in itinere. Infine, dalla configurabilità come infortunio del contagio discende l’obbligo di denuncia per il datore di lavoro con determinate semplificazioni volte a favorire l’infortunato.

Le finalità sono lodevoli: si tratta di garantire al personale sanitario, prima linea nella lotta al virus, la tutela assicurativa INAIL, che é di norma economicamente più vantaggiosa per il lavoratore, facendo rientrare il rischio pandemico tra i rischi specifici di tale attività nel particolare periodo storico che stiamo vivendo. Tuttavia, ritengo che la norma, per la sua formulazione non particolarmente felice, e le disposizioni applicative dell’INAIL potrebbero, in un futuro prossimo, creare problemi applicativi ed essere foriere di contenzioso assicurativo e risarcitorio.

E’ noto che, ai sensi del DPR 1124/1965 (che disciplina l’assicurazione INAIL), si può considerare infortunio sul lavoro quell’evento che si verifichi per causa violenta in occasione di lavoro. Fermo quest’ultimo elemento, si configura una malattia professionale, invece, se la causa è lenta, ossia se il contatto con l’agente nocivo è diluito nel tempo. Non interessa in questa sede soffermarsi sul concetto di causa violenta; basti sapere che, secondo la giurisprudenza, il contagio infettivo é ascrivibile, per la sua repentinità, a questa fattispecie.

E’ il concetto di occasione di lavoro, invece, che assume rilievo per questa analisi. La tutela assicurativa INAIL, infatti, opera se l’evento si verifica, oltre che sul posto di lavoro, nello svolgimento delle mansioni e dell’attività assegnata. Definisce specularmente l’occasione di lavoro il concetto di rischio: rischio generico (quello cui sono esposti tutti i soggetti e quindi la tutela assicurativa non opera) ovvero rischio specifico (in cui la tutela assicurativa opera, perché vi sono esposti solo determinati soggetti in ragione della loro attività lavorativa, delle macchine con cui sono a contatto o dell’ambiente lavorativo cui operano). Accanto a rischio specifico e rischio generico, la giurisprudenza ha delineato anche un terzo tipo di rischio: il rischio generico aggravato, ossia un rischio cui sono esposti tutti i soggetti, ma che risulta aggravato dall’attività lavorativa dell’assicurato e quindi meritevole di tutela INAIL. Il rischio generico aggravato è tipicamente rinvenibile nell’infortunio subito nel percorso casa-lavoro (c.d. infortunio in itinere): tutti soggiacciamo al rischio della circolazione stradale, ma se il sinistro si verifica sul normale percorso tra casa e lavoro diventa, pressoché automaticamente, meritevole di essere indennizzato dall’INAIL.

Date queste sintetiche premesse, è evidente che la norma in esame ove prevede che l’infezione da coronavirus debba essersi verificata in occasione di lavoro, delinea una fattispecie di rischio generico aggravato. Tutti, infatti, siamo esposti al rischio pandemico, ma alcune categorie di lavoratori sono più esposte di altri al contagio. Tra queste non solo gli operatori sanitari, ma anche gli operai delle manifatture di filiera e tutte le altre categorie che stanno assicurando i servizi essenziali nonostante la chiusura. Secondo quanto disposto dal decreto 18/2020, quindi, non solo il medico, ma anche la cassiera del supermercato che dovesse risultare positiva potranno assentarsi dal lavoro in infortunio se riusciranno a dimostrare di essersi infettati sul lavoro.

L’onere della prova, tuttavia, secondo le istruzioni operative INAIL in commento non pare essere il medesimo per le due categorie di lavoratori: per il primo, la disciplina applicativa dell’Istituto fissa, come detto, una presunzione di eziologia professionale la cui forza é direttamente proporzionale al dato epidemiologico territoriale; la seconda, viceversa, dovrà dimostrare integralmente, secondo gli ordinari criteri, che il contagio non è avvenuto al di fuori del posto di lavoro. Se questa prova è relativamente facile per chi ad esempio lavora in un’azienda in cui si sono individuati uno o più contagiati ed è stata chiusa per ragioni di sanità pubblica, diventa estremamente difficile per il personale che continua ad essere a contatto con il pubblico. A mio avviso, bisognerà dimostrare, infatti, che non erano stati forniti i necessari dispositivi di protezione individuale, che non venivano attuate le necessarie misure di distanziamento sociale o che non sono stati effettuati i necessari interventi di sanificazione. Avendo peraltro a delineare il perimetro dell’indagine solo il protocollo condiviso in materia di sicurezza sul lavoro del 14.03.2020 o le indicazioni dell’OMS.

Inoltre, la nota INAIL in commento attua quella che potrei definire (rubando un termine in uso in ambito di tecnopatie) una “tabellazione” del rischio da infortunio: il concetto di rischio ambientale, infatti, è tipico delle malattie professionali (si pensi ad esempio al rischio ambientale da esposizione ad amianto) e qui invece viene utilizzato per definire il rischio che vive attualmente il personale sanitario di alcune regioni ad alto tasso di contagi. Si trasforma quindi amministrativamente il rischio generico aggravato definito dal decreto legge in rischio specifico e questa interpretazione ritengo potrebbe non reggere alla prova dei Tribunali. Inoltre, andrà innegabilmente indagato anche il dato epidemiologico: in questo senso, a un medico lombardo potrebbe essere riconosciuto presuntivamente l’infortunio, mentre ad uno del Molise (ad oggi la regione italiana con il minor numero di contagi secondo i dati del Sole 24 Ore), potrebbe non essere riconosciuto.

E’ evidente, quindi, sotto il profilo squisitamente giuridico e con tutte le differenze del caso, la disparità di trattamento che emerge dalle istruzioni operative INAIL in favore di un’unica categoria di lavoratori (ai quali, ovviamente, va lo scontato ringraziamento in questo momento di grave emergenza sanitaria). Probabilmente l’INAIL, si ribadisce con intenti sicuramente meritori, si è spinto troppo in là, forzando la norma per consentire una più efficace tutela dei sanitari più esposti. E’ auspicabile, quindi, che al più presto vengano rilasciate istruzioni anche per il trattamento di tutti gli altri casi di infezioni da coronavirus.

Un’ultima considerazione. Anche per chi come me ha risicate nozioni scientifiche, acquisite più con l’esperienza e le letture di questi ultimi tempi di clausura forzata che con lo studio, appare un caso di scuola il contagio nel percorso casa-lavoro. Non si comprende quindi l’esigenza dell’Istituto di disciplinare amministrativamente anche questo aspetto. L’unica ipotesi che si può fare è che si sia pensato di tutelare il personale sanitario che utilizza i mezzi pubblici per recarsi al lavoro, ma anche qui, oltre agli scontati problemi di prova (chi ha contagiato chi e quando), non si comprende quale maggior tutela venga assicurata.

28
Lug

In difesa della democrazia sindacale: la vertenza Castelfrigo

 

 

Ha avuto una certa eco mediatica locale il rigetto, da parte del Giudice del Lavoro di Modena (Decreto cron. 2719 del 25-07-2018)  del ricorso ex art. 28 St. Lav. promosso dalla CGIL di categoria contro un’azienda del “distretto delle carni”, nel modenese (eco meno ampia di quella avuta all’inizio dell’anno dall’avvio della controversia, ma si era allora in periodo preelettorale).

Abbiamo difeso la CISL locale (tacciata di “sindacato di comodo” dall’o.s. ricorrente) con intervento autonomo nel procedimento: ci premeva non tanto respingere – chè appariva già da sè surreale – l’accusa di sindacato di comodo rivolto alla seconda organizzazione sindacale confederale del Paese, quanto stigmatizzare la  concezione della democrazia sindacale che sembrava muovere i ricorrenti: la democrazia vale solo quando la maggioranza ce l’ho io…

All’interno dell’azienda, qualche anno fa, stanchi delle posizioni massimaliste, i lavoratori allo scadere triennale della RSU (all’epoca a componenti CGIL) votarono compatti (80% degli aventi diritto) per i candidati CISL.

Rammarica che rappresentanti della prima confederazione sindacale del Paese, che si è sempre erta a difensore della democrazia sindacale e che ha sottoscritto con le altre confederazioni  un corposo accordo interconfederale (il cosiddetto “Testo Unico sulla rappresentanza” del gennaio 2014) per disciplinare minutamente le modalità di costituzione delle RSU e riconoscerle come unico attore negoziale a livello aziendale, qualifichi poi negli atti del procedimento e sulla stampa gli accordi sindacali stipulati dalla RSU regolarmente eletta come “accordi separati”, i firmatari come “sindacato di comodo” e i testi negoziali prodotti come “illegittimi”.

Sarà un gran giorno per le relazioni industriali nel nostro Paese quando tutti gli attori avranno acquisito che il consenso non è dato per grazia,  consuetudine storica o zolla geopolitica, ma va ogni giorno conquistato con la leale azione a tutela dei propri rappresentati.