Nel procedimento disciplinare il lavoratore ha diritto, se lo richiede tempestivamente, all’audizione difensiva, che deve essere rinviata se il lavoratore in quel momento, per ragioni di salute, si trova nella impossibilità di parteciparvi. E’ onere del lavoratore documentare questa condizione con apposita certificazione, non essendo sufficiente, per la diversità dei presupposti, l’ordinaria certificazione di malattia
Licenziamento e malattia
Una premessa sul rapporto tra licenziamento e malattia. Come si sa, in caso di licenziamento per giustificato motivo (quindi con preavviso) da un lato la malattia che insorga durante lo stesso ne sospende il decorso; dall’altro, qualora il licenziamento venga intimato in costanza di malattia già insorta, l’efficacia del licenziamento stesso è temporaneamente sospesa, fino al termine della malattia. Questo può portare a circostanze alquanto paradossali, ove la malattia si prolunghi oltre il periodo di conservazione del posto (cosiddetto di comporto, cfr. art. 2110 secondo comma cc) previsto dalla contrattazione collettiva: mentre pende in capo allo stesso lavoratore un primo licenziamento, paralizzato temporaneamente nella sua efficacia dalla malattia insorta, ne viene intimato un secondo, al superamento del comporto, per troncare il perdurare del rapporto
E’ per evitare questo prolungamento che il più delle volte l’impresa riconosce, nella comunicazione di licenziamento, l’indennità sostitutiva del preavviso (in luogo che consentirne/chiederne lo svolgimento lavorato, cfr art. 2118 secondo comma cc): proprio allo scopo di scongiurare l’insorgere di malattia, con i relativi costi legati alla protrazione del rapporto (a carico aziendale integralmente nel caso degli impiegati dei settori manifatturieri, parzialmente negli altri casi in cui è previsto l’intervento dell’INPS). Induce a questo anche la considerazione che il periodo di preavviso, ove lavorato in azienda, è un periodo irto di insidie dal punto di vista dell’effettivo rendimento e della perdurante fedeltà di un lavoratore comprensibilmente poco entusiasta del provvedimento espulsivo.
Il paradosso, spesso assai traumatico per il lavoratore, è che in questo modo le modalità concrete di risoluzione del rapporto, anche ove si tratti di motivazioni oggettive e non disciplinari, sono del tutto repentine: convocazione, consegna della comunicazione di licenziamento che prevede il pagamento dell’indennità sostitutiva in luogo del preavviso, invito a lasciare l’azienda senza indugio.
Il licenziamento per giusta causa
Si è portati a pensare che questi problemi non si presentino nel caso del licenziamento disciplinare per giusta causa, ex art. 2119 cc: come è noto infatti, il licenziamento per giusta causa (cioè a seguito di una mancanza del lavoratore così grave da ledere irreparabilmente il rapporto fiduciario e non consentire la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto) non prevede il preavviso, è immediatamente efficace, e prevale anche sulla malattia: nel senso che, contrariamente ai casi di licenziamento per giustificato motivo, è idoneo a troncare il rapporto quando reso noto al lavoratore, anche se questi è assente per malattia, senza soffrire la temporanea inefficacia dello stesso e/o il’attesa del superamento del comporto.
da questa premessa sembrerebbe che il licenziamento per giusta causa e la malattia non interferiscano tra loro; ma in realtà, di fatto, può non essere così: entra in gioco la procedura prevista dall’art. 7 della L. 300/70, lo Statuto dei Lavoratori, per la legittima irrogazione delle sanzioni disciplinari, che si applica anche alla più severa delle stesse, che è appunto il licenziamento per giusta causa.
il dettaglio esorbita da questo commento: basti ricordare che al datore di lavoro non è lecito intimare il licenziamento, nemmeno nei casi di condotta gravissima e conclamata (che dire, incendio volontario della sede aziendale…); non gli è lecito se prima non ha contestato (tempestivamente, dettagliatamente e per iscritto) la condotta al lavoratore, consentendogli di fornire le sue giustificazioni entro 5 gg (o il maggior termine eventualmente previsto dal CCNL); solo dopo, ove le giustificazioni non siano state presentate o non si ritengano accoglibili, può legittimamente procedere all’irrogazione della sanzione espulsiva: la violazione della procedura comporta la nullità del procedimento (sorvoliamo per economia di esposizione sulle conseguenze, che variano come è noto in forza delle dimensioni aziendali e per l’essere o meno il rapporto di lavoro ricompreso nel recente regime a tutele crescenti). Ricordiamo di passaggio che l’ordinamento non pretende il mantenimento in servizio per giorni di un piromane, e consente al datore di lavoro di sospendere cautelativamente dal servizio (provvedimento provvisorio da non confondere con la sanzione conservativa, meno grave del licenziamento, della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino a un massimo di 10 gg,o la minor durata prevista dal CCNL).
L’audizione difensiva…
Il citato articolo 7 dello Statuto consente al lavoratore due modalità (alternative, ma anche cumulabili) di giustificazione: il lavoratore (entro 5 gg. – o il maggior termine previsto dal CCNL – dal ricevimento della contestazione) può trasmettere le sue giustificazioni per iscritto, o può richiedere di essere sentito: all’incontro ha il diritto di farsi assistere da un rappresentante dell’organizzazione sindacale di propria fiducia; la norma era stata pensata nel clima della grande impresa manifatturiera, per consentire al lavoratore, “senza dover prendere la penna in mano”, di chiedere al collega delegato sindacale di accompagnarlo in Direzione per spiegarsi.
Ora, per tornare al rapporto tra licenziamento disciplinare e malattia, secondo i principi esposti sopra, se il lavoratore sceglie di giustificarsi per iscritto non sorgono particolari questioni: anche se (come spesso accade quando in azienda si verifica uno scontro) il lavoratore immediatamente dopo aver posto in essere la condotta che l’azienda intende censurare dichiara di non sentirsi bene, si allontana dall’azienda e si reca tempestivamente dal proprio medico per certificare l’assenza per malattia. La contestazione di addebito formulata non verrà consegnata a mani e lo raggiungerà a mezzo posta, egli in ipotesi presenterà le proprie giustificazioni entro i cinque giorni e l’azienda, valutatele inadeguate, lo licenzierà con un provvedimento che sarà immediatamente efficace nonostante la costanza di malattia: il rapporto si interrompe.
… e il rapporto con malattia insorta durante il procedimento
Questione sorge (può sorgere) invece se il lavoratore, raggiunto dalla contestazione mentre è in malattia, anzichè inviare giustificazioni scritte chiede (come abbiamo visto essere suo diritto) di essere sentito personalmente con l’assistenza del sindacato. In questo caso, come sappiamo, l’azienda risponde assegnando al lavoratore la convocazione. Ora il punto è: che succede se il giorno della convocazione per l’audizione il lavoratore è ancora in (legittima e ritualmente certificata) assenza per malattia?
In astratto, possono porsi due soluzioni: la prima, secondo la quale la malattia è irrilevante e non sospende il procedimento disciplinare, quindi verificata l’assenza del lavoratore alla convocazione, il datore di lavoro può procedere legittimamente alla irrogazione della sanzione che – abbiamo visto essere pacifico se si tratta di licenziamento per giusta causa – “prevale” sulla malattia ed è idonea a troncare il rapporto; la seconda, in forza della quale il diritto del lavoratore a svolgere l’audizione difensiva è incomprimibile e l’adozione del provvedimento disciplinare senza consentirgliela lo renderebbe nullo, con le conseguenze accennate sopra.
E’ chiaro che questo secondo scenario ha, lato impresa, conseguenze sgradite: perchè dal punto di vista della stessa, attraverso il rinvio forzato della chiusura del procedimento disciplinare e conseguente paralisi del provvedimento estintivo, finisce per equiparare un licenziamento per giusta causa, nei rapporti con la malattia, ad uno per giustificato motivo: non potrò validamente licenziare, il rapporto dovrà proseguire (e me ne accollerò tutti gli oneri economici) finchè con il rientro del lavoratore non potrò riconvocarlo in audizione difensiva e concludere il procedimento. E potrei anche trovarmi, come nel caso del licenziamento per giustificato motivo, quindi con preavviso, a dover procedere ad un licenziamento per superamento del comporto, di fatto superando e abbandonando il procedimento disciplinare;
L’indicazione della giurisprudenza
la giurisprudenza, anche di legittimità, si è occupata in modo non frequente della fattispecie; e quel che più conta, pur avendo enunciato un principio di diritto elegante e in astratto condivisibile, ne ha dato poi nei casi concreti applicazioni assai divergenti e disomogenee.
la Cassazione ha ribadito che il diritto del lavoratore di ottenere l’audizione difensiva è incomprimibile, e costituisce tassativa condizione di liceità della successiva sanzione; ha quindi coerentemente statuito che ove il lavoratore si trovi in condizioni psicofisiche che non gli consentano di parteciparvi attivamente e consapevolmente, l’audizione deve essere rinviata e il procedimento disciplinare sospeso fino al superamento della condizione ostativa (vedi, tra altre, Cass. 16374/2012, passaggi evidenziati da chi scrive)
non sfugge che il principio echeggia quanto positivamente stabilito (con dettagli che esorbitano dal presente commento) in ambito penalistico, ove il Codice di Procedura Penale, all’art. 71, prevede la sospensione del procedimento qualora l’imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al procedimento e cioè sia capace di esercitare consapevolmente quel diritto di autodifesa che spetta a lui personalmente.
Ora, il punto dolente è proprio questo: non vi è affatto una giuridica sovrapposizione tra “la malattia”, cioè la certificata impossibilità temporanea, per ragioni psicofisiche, di svolgere la propria attività lavorativa, e la condizione di incapacità a partecipare alla propria difesa; la nozione di “malattia” è molto più ampia. Per chiarire: io posso essere convalescente da uno strappo muscolare, il che legittimamente mi impedisce di attendere al mio lavoro di facchinaggio, ma questo non menoma la mia capacità di partecipare all’audizione;
ora, anche in ragione del fatto che il datore di lavoro giustamente non è messo a conoscenza della diagnosi, egli è privo degli strumenti che gli consentono di valutare se la malattia certificata abbia natura e caratteristiche in concreto tali da attingere alla diversa nozione di “incapacità di attendere alla propria difesa”; nozione che, sia chiaro, non è necessario giunga al più severo livello della totale incapacità naturale di intendere e di volere, ben potendo bastare, ad esempio, una condizione di ricovero ospedaliero, anche del tutto cosciente; o la presenza di dolori continui o di una patologia nervosa che alteri la lucidità; o di una patologia che limiti considerevolmente i movimenti, di fatto impedendo l’accesso all’azienda per lo svolgimento dell’audizione;
se questo è vero (e cioè che dalla semplice malattia certificata dal medico di base come impossibilità al lavoro il datore non ha gli elementi per inferire l’impossibilità alla partecipazione all’audizione del lavoratore), sarà allora vero che incombe al lavoratore che richieda il differimento dell’audizione produrre, a sostegno di tale richiesta, diversa e conferente certificazione sanitaria, che attesti la sua condizione sotto questa diversa e più ristretta angolazione (vedi Cass. 20601/2006, passaggi evidenziati da chi scrive);.
qualora ciò non accada, il lavoratore corre il rischio di vedere legittimamente considerata ingiustificata la sua assenza all’audizione disposta dall’azienda, con conseguente immediata prosecuzione dell’iter disciplinare (vedi Cass. 3058/2013, passaggi evidenziati da chi scrive);
dal lato dell’azienda, peraltro, sarà prudente attenersi ad comportamento improntato a correttezza e buona fede: per non incorrere, procedendo con la sanzione, nella sua nullità, o per non essere paralizzata sine die nel proprio potere disciplinare da certificazioni inadeguate, è opportuno che replichi alla richiesta di rinvio dell’audizione presentata dal lavoratore (ove suffragata soltanto da ordinaria certificazione di malattia) rappresentando allo stesso l’inadeguatezza della giustificazione, richiedendogli certificazione conferente, e casomai differendo di qualche giorno l’audizione già disposta, per consentirgliene la produzione; e soltanto a valle di questa cautela (ove alcuna certificazione ulteriore venga prodotta e ciò nonostante il lavoratore non compaia all’audizione così rinviata), ritenersi libera di ritenere definito il procedimento difensivo, dando corso all’adozione di quel provvedimento che ritenga proporzionato.
come si vede (anche alla luce, spiace dirlo, della endemica facilità con la quale è possibile produrre ed acquisire certificazioni sanitarie più o meno compiacenti) si tratta di uno scenario di assoluta delicatezza, che da un lato impone al lavoratore che legittimamente voglia esporre le sue ragioni a voce e se ne trovi effettivamente impedito, di certificare in modo solido questa sua condizione, non cullandosi sull’efficacia di una mera certificazione di malattia; dall’altro impone al datore di lavoro attenzione per muoversi su un crinale che vede con l’eccessiva prudenza premiare il colpevole, per di più assenteista, con un rinvio a lungo termine della sanzione (sostenendo nel frattempo i costi del rapporto) o con l’eccessiva avventatezza indursi ad adottare un provvedimento che potrà essere ritenuto nullo in giudizio, con onerose conseguenze.
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