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05
Mar

Dimissioni telematiche incombono

telepatiche

 

Da sabato 12 marzo 2016, salvo proroghe dell’ultim’ora, scatta l’obbligo della forma telematica, a pena di inefficacia, per le dimissioni e le risoluzioni consensuali (ex art. 26 DLgs 151/2015, essendo decorsi i 60 gg dall’entrata in vigore del DM attuativo MinLavoro 15-12-2015), forma che supera la convalida introdotta dalla L. 92/2012 e richiama la breve stagione della L. 188/2007. L’obiettivo dichiarato dalla delega (L. 183/2014, art. art. 1 comma 6 lett. g) : ”garantire data certa nonche’ l’autenticita’ della manifestazione di volonta’ della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale”) è sempre quello di combattere la piaga delle dimissioni in bianco (pare che l’ingegno nazionale avesse escogitato, per eludere le formalità di convalida della L. 92, la firma di foglio bianco all’altezza giusta per sovrastamparvi il modulo di ricevuta della comunicazione telematica…).
La norma  ha portata universale, escludendo unicamente il lavoro domestico (nonchè, secondo la Circolare MLPS 4 marzo 2016 n.12), il lavoro marittimo, il pubblico impiego e i recessi in costanza di prova) facendo salva soltanto la preesistente procedura ispettiva per la convalida da parte dei genitori ed affligge di radicale inefficacia la volontà dismissiva del lavoratore manifestata anche ritualmente in altre forme, delle quali non prevede alcun meccanismo di sanatoria o convalida ex post: introduce anzi uno jus poenitendi, esercitabile (con le medesime forme telematiche) nei sette giorni successivi.
E’ fatta salva l’efficacia solo delle volontà manifestate nelle sedi protette.
E’ ragionevole prevedere forti difficoltà di carattere pratico alla sua immediata ed universale recezione, a superare le quali non è di aiuto la persistente farraginosità della procedura per l’acquisizione delle credenziali per chi volesse procedere personalmente (incompatibile con una immediata manifestazione di volontà dismissiva, prevedendo addirittura una fase “postale”), o l’elencazione tassativa degli intermediari abilitati (soggetti che presenteranno comprensibilmente limiti all’immediata ed universale accessibilità).

Inoltre, all di là degli aspetti pratici, il sistema appare lacunoso anche sul piano formale: dal lato del lavoratore, va evidenziato che il “modulo” (rectius schermata, essendo smaterializzato) previsto dal DM è del tutto scarno, limitandosi alle generalità delle parti e all’indicazione della data di voluta cessazione del rapporto; manca quindi qualsiasi possibilità (non è nemmeno presente un campo per annotazioni a testo libero) di invocazione dell’eventuale giusta causa di recesso: con serie incertezze sulla portata dell’atto, sia sul piano civilistico (in ordine all’assetto degli obblighi di preavviso) che assistenziale (verifica della conformità della giusta causa invocata alle fattispecie che consentono l’accesso alla NASPI); non è chiaro nemmeno come possano regolarsi le parti (tranne ricorrere alla revoca e riemissione sic et simpliciter, che però stando all’art. 26 secondo comma cit. appare consentita soltanto “entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo”) nel caso non infrequente che eventi non previsti (quali l’insorgere di patologia durante il preavviso, o il verificarsi di una giusta causa di immediato recesso durante il corso dello stesso, o diversi accordi tra le parti per una riduzione o protrazione della sua durata) impongano la modifica della data indicata nella trasmissione originaria come cessazione del rapporto. Dal lato dei datori di lavoro poi, è prevedibile paventare una larga mole di dimissioni con le modalità previgenti, che, in quanto radicalmente inefficaci ed insuscettibili di convalida (qui il legislatore delegato, più che di eccesso di delega, sembra aver peccato di … difetto, laddove la 183 cit prevedeva anche di tenere “conto della necessita’ di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore”) esporranno il datore di lavoro all’alternativa tra tenere quiescente un rapporto di lavoro nella non breve attesa che si formi il comportamento concludente, o avviarsi ad un procedimento disciplinare espulsivo, sobbarcandosene le insidie procedurali ed i costi (tra cui il maxicontributo NASPI).

Appare anche illogicamente riduttivo aver escluso i legali (e tanto più gli specialisti) dal novero degli intermediari abilitati. Tale esclusione, unita alla rigidità della struttura della comunicazione come prevista, precluderà modalità di assistenza professionale che fino ad oggi erano prassi efficace, quali il formare la comunicazione di dimissioni per giusta causa da parte del legale con adesione del lavoratore, il che consentiva un immediato intervento del difensore, il dettaglio delle ragioni del recesso e magari la contestuale formulazione di altre connesse rivendicazioni.

Confidiamo che il percorso attuativo consenta di rimuovere quanto prima, anche cogliendo gli spazi di prossimo completamento della delega, le criticità evidenziate.